Recensione: Defiance

Di Alberto Fittarelli - 29 Dicembre 2009 - 0:00
Defiance

Quello che spesso manca, al metal estremo odierno, è la visceralità: sentiamo tanta tecnica, tanta pulizia di suono, ma sembra troppo spesso di trovarci di fronte a un compito da eseguire al meglio delle proprie capacità, più che a una necessità artistica. Non è quindi sorprendente che da questa categoria di mestieranti musicali si debbano escludere i Deströyer 666.

Dopo anni passati nel sottobosco dell’underground mondiale, spargendo il proprio verbo da quella Melbourne che sembra un sogno lontano, o un incubo per chi voglia suonare death/black metal, il gruppo australiano ha pensato bene di traslocare in Olanda; e il risultato si sente eccome. “Viscerale” ed “evoluto” sono i due aggettivi che meglio si attagliano a un disco come Defiance: e se il primo ce l’aspettavamo, difficilmente avremmo mai accostato il termine “evoluzione” agli eredi spirituali e materiali di belve come i Bestial Warlust. E invece…

E invece Defiance stupisce per la complessità delle soluzioni che snocciola di pezzo in pezzo; stupisce per l’ispirazione della sezione ritmica e per la sua varietà; stupisce, soprattutto, per la freschezza dei riff di chitarra e la loro capacità di aprirsi a soluzioni melodiche ed epiche, senza mai perdere in potenza. Prendiamo ad esempio un brano come Blood for Blood: lenta, avvinghiata a un riff di chitarra melodico ma semplice, con il ringhio di K.K. Warslut a scandire la marcia dell’esercito infernale diretto alla battaglia finale. Finito il pezzo, si passa a una rasoiata come The Barricades Are Breaking, che vive di black metal puro – ma non norvegese! – con uno scheletro thrash/death fatto di titanio che esce allo scoperto soprattutto nei break e durante gli assoli, fulminei ed essenziali. Saltando poco più in là, arriviamo poi ad A Thousand Plagues, uno dei capolavori del disco: veloce ma capace di rallentare per lasciare Warslut arringare le truppe, contiene uno dei riff più azzeccati dell’intera opera, aiutato anche dalla produzione azzeccatissima; il lavoro in studio ha infatti le percentuali perfette di pulizia e distorsione, di suono “raw” e di bilanciamento di suoni e arrangiamenti, non immediati come nelle produzioni-giocattolo di troppi dischi affrettati.

È però quando il gruppo rallenta, paradossalmente, che la sua vena più ispirata si mostra a pieno. A Stand Defiant, con il pulsare del basso a tenerne in piedi la struttura, fino al momento in cui il riffing si apre di nuovo verso un assolo melodico, perfetto per il mood del pezzo; e la conclusiva A Sermon To The Dead, con le sue clean vocals che si innalzano dai gironi più bassi dell’Abisso e il suo girare in circolo intorno a un solo riff, come i migliori Primordial, è l’esempio perfetto per quanto appena detto.

Primordial che sono solo uno dei gruppi che risuonano nelle note dei Deströyer 666 di oggi; il paragone più immediato, per dare un’idea semplicistica ma veloce di Defiance, è quello con i Necrophobic degli ultimi due album. Il punto è che gli australiani in trasferta si pongono sullo stesso livello dei gruppi citati, aggiungendosi alla lista di coloro da citare come influenza o paragone in futuro; la personalità è infatti indiscutibile in ogni singolo arrangiamento scelto per questo album.

Forse la vera sorpresa del 2009 non è quindi giunta da uno sparuto gruppetto di novizi del metal, ma da un rodatissimo combo di veterani: che ci avevano abituati a uno standard “buono ma nulla più” e che oggi si propongono come pietra angolare del black/death.

Ancora in tempo per entrare nella vostra classifica di fine anno? Pensateci, perché finirà dritto ai primi posti.

Alberto “Hellbound” Fittarelli

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Tracklist:

1.    Weapons of Conquest    03:03
2.    I Am Not Deceived        04:37   
3.    Blood For Blood        05:14   
4.    The Barricades Are Breaking    03:38   
5.    A Stand Defiant        04:46   
6.    The Path to Conflict        04:37   
7.    A Thousand Plagues    04:24   
8.    Human All Too Human    06:04   
9.    A Sermon To The Dead    05:04