Recensione: Define Redemption
Sono passati sei anni da “Day Zero”, EP di sole tre tracce uscito per la Razar Ice Records che, in maniera inversamente proporzionale alla sua durata, mostrava una band dalle grandi potenzialità nel campo del metal estremo. Quella formazione si chiamava Reality Grey i quali, con la più attrezzata Bakerteam Records e con medesima la line-up, danno oggi alle stampe “Define Redemption”, full-length che segue ormai da lontano il debut-album “Darkest Days Are Yet To Come” (2006).
L’ensemble pugliese, non affrettando i tempi per un motivo o per l’altro, ha quindi fatto passare un bel po’ di acqua sotto i ponti, aggiungendo esperienza a esperienza e affinando uno stile che, già nel 2008, dava filo da torcere a moltissimi colleghi in quanto a consistenza e personalità. Potendosi pertanto definire una delle migliori realtà attuali del death metal moderno – o meglio ancora deathcore – nostrano, senza dubbio in grado di confrontarsi ad armi pari con i migliori combo internazionali.
Quella che si era notata come una possibile via di uscita dai soliti cliché di un genere che può interpretarsi nel modo più ortodosso possibile (old school) o al contrario addirittura fantascientifico (cyber), e cioè un’eccellente miscela fra dolce melodiosità e feroce brutalità, è stata opportunamente e proporzionalmente sviluppata, da Tommy e i suoi compagni. Per comprenderlo non ci vuole molto. Anzi, basta lasciar esplodere negli speakers “Ascension Lapse”, opener che porta con sé una grande aggressività nelle strofe e nel ponte per trasformarla in un ritornello assai accattivante e in un fantastico guitar-solo. Di quelli, insomma, che mietono molte vittime fra chi ama le specie *-core melodiche. Vittime che i Reality Grey mietono non solo con i vincenti refrain ma, anche e soprattutto, con l’immenso muro di suono innalzato dal tremendo riffing delle chitarre di Albo e Anto, granitico nella sua consistenza thrash (“Rot Of Nation”), dal bombardamento del basso di Alex e dal furibondo drumming di Claudio. Gli istanti in cui la pressione sonora diventa enorme, a ben sentire, sono parecchi, e sono quelli in cui la perizia tecnica e il predetto mestiere dei Nostri si fanno sentire; giacché la precisione assoluta con cui vengono eseguire le varie song non subisce il minimo tentennamento. Prova ne è, per esempio, “I Despise”, spaventosa bordata in piena faccia a tutta forza, trascinata da un ritmo caleidoscopico ma non astruso, potentissimo, devastante. Ricca, come da marchio di fabbrica, di quelle pennellate melodiche che riescono, se si può dire, ad alleggerire un po’ la tensione di un sound tiratissimo. I fulminei stop’n’go à la Fear Factory, i travolgenti soli di chitarra e un pizzico di ambient in sottofondo sono altri ottimi ingredienti per una canzone ma soprattutto uno stile azzeccato al 100%.
“Equilibrium”, in onore al suo titolo, esprime poi il bilanciamento fra lo sfascio totale dei blast-beats e i micidiali rallentamenti tipici del deathcore che il quintetto della provincia di Bari è riuscito a trovare. Il quale, con le funamboliche dissonanze e disarmonie di “Departed Designs”, dirime definitivamente ogni dubbio sulla propria preparazione tecnica. Da menzionare, assolutamente, l’irresistibile chorus di “Burn The Sky”, al cui travolgente crescendo è impossibile restare indifferenti. L’ipnotica “Hypocrisy Breeds Hatred”, inoltre, può essere rappresentativa di un’ulteriore possibilità di evoluzione dell’attuale foggia musicale. Ritmi blandi e composizione dedicata a far scaturire fumose nonché allucinate visioni mentali (Voivod?). Un esperimento riuscito, in sostanza, che lascia intravedere altri margini di miglioramento/progressione, per i cinque di Acquaviva delle Fonti. Ma è con la title-track che si raggiunge l’apice di un lavoro da non perdere. Le violentissime sferzate di cui si fa cenno più volte s’intersecano nelle splendide armonie, stavolta di puro stampo metalcore, che i Reality Grey, ormai è assodato, sanno costruire con classe e grande senso del gusto.
In una parola sola: bravi! Anzi, no: bravissimi!
Daniele “dani66” D’Adamo
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