Recensione: Defying The Gods
Prodotto, missato e masterizzato ai torinesi The Metal House Studios da Ettore Rigotti, polistrumentista dei Disarmonia Mundi, arriva “Defying The Gods”, seconda creatura dei baschi Rise To Fall. La preparazione con la quale la label italiana Coroner Records propone il CD è immune da critiche. Dall’affascinante e colorata copertina sino ai titoli di coda tutto è svolto con la massima cura, sì da garantire un prodotto appetibile sotto tutti i punti di vista.
A partire, ovviamente, dalla musica; definita nella presentazione del disco ‘modern melodeath’. Se si cerca di sezionare letteralmente tale definizione, in effetti, non si va molto distante dalla realtà dei fatti. Che i Rise To Fall facciano parte della famiglia del melodic death metal, magari di taglio scandinavo come quello degli In Flames, è innegabile. Tuttavia, un pizzico di aroma *-core rende “Defying The Gods” un lavoro classificabile, davvero, come moderno; in linea, cioè, con le sonorità ora più in voga nella cerchia del death melodico. Che, come nel caso dei giapponesi Blood Stain Child, comprendono, anche, l’innesto di un robusto ramo d’elettronica.
Il combo di Bilbao evita, comunque, di eccedere in tale senso, limitando l’apporto di Alessio Nero Argento alle tastiere a un compito d’integrazione e non di sostituzione delle melodie portanti; queste imputabili in primis alla voce di Alain “Dalay Tarda” Gutiérrez e poi alla chitarra del songwriter Hugo Markaida, con una menzione per le linee pulsanti del basso di Asis Rodriguez. Javier Martin, chitarra ritmica, e Xabier Del Val “Txamo”, batteria, rappresentano, nella loro bravura tecnica ineccepibile ma scolastica, l’evidente tallone d’Achille della band iberica: l’originalità. Forse l’aver pigiato a fondo sul pedale della professionalità e sulla ricerca del mercato mainstream ha condotto i Nostri a delle scelte conservative, azzerando con questo i rischi connessi a esperimenti, innovazioni, evoluzioni, tentativi.
A fronte della sicurezza di un sound certo e consolidato c’è, pertanto, un’obiettiva difficoltà nel tenere a mente i contorni del trademark del gruppo, troppo simile a tanti altri. Una sensazione di banalità difficile da scrollarsi di dosso, soprattutto via via che si susseguono gli ascolti dell’album. In ogni caso, si tratta di una decisione stilistica che ha alle spalle una bravura tecnica assolutamente idonea per tentare di seguire il trend attuale di certo metal estremo. Ciò è bene specificarlo, poiché non è per nulla scontato ascoltare un platter che abbia un suono così pieno, corposo, adulto, appagante.
Non è da meno il songwriting, quanto a mestiere. Benché i Rise To Fall siano giovani, scrivono come compositori navigati. I pezzi hanno una struttura da ‘manuale della perfetta canzone’: durata, strofe, ritornelli, soli e cori sembrano retaggio di un’esperienza decennale in materia, tanto sono regolari, simmetrici, omogenei. Anche sotto quest’aspetto, però, non c’è granché di rivoluzionario. Se si può apprezzare l’uniformità stilistica dei singoli episodi e la loro coerenza con la filosofia musicale dell’intero lavoro, resta ben poco, in mano, dopo aver passato e ripassato “Defying The Gods” sotto il laser.
Qualche brano interessante c’è: per esempio la title-track, veloce e trascinante come “Lost In Oblivion”, oppure “The Compass”, omologa a esse in quanto a proporzionalità delle forme. Si lascia ascoltare con piacere anche il ritornello di “Reject The Mould”, così come le ariose melodie di “Instruction Cycle”. Anche dopo un po’, tuttavia, le song non riescono ad assumere una propria personalità, perdendosi nell’atmosfera, tenue ma nebulosa, che avvolge “Defying The Gods”. Anzi, più si passa il tempo su di esso, maggiore è il senso di noia. Il che, non si può affermare che sia un elemento suo a favore.
Quindi, concludendo, non si può che affibbiare una risicata sufficienza, a “Defying The Gods”. I Rise To Fall fanno senza dubbio della gran ‘bella’ musica ma inesorabilmente rarefatta, quasi… vuota.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Ascend To The Throne 3:34
2. The Compass 3:39
3. Whispers Of Hope 3:56
4. Reject The Mould 4:05
5. Inflexible Kingdom 3:22
6. Instruction Cycle 3:21
7. Lost In Oblivion 3:30
8. Decoding Reality 4:02
9. Dare To Cross 3:49
10. Fall To Drama 4:59
11. Defying The Gods 3:30
Durata 42 min.
Formazione:
Alain “Dalay Tarda” Gutiérrez – Voce
Hugo Markaida – Chitarra solista
Javier Martin – Chitarra ritmica
Asis Rodriguez – Basso
Xabier Del Val “Txamo” – Batteria
Musicisti addizionali:
Alessio Nero Argento – Tastiere
Ospiti:
Aimar Antxia (Nodrama) – Voce in “Fall To Drama”
Kasta – Chitarra solista in “Fall To Drama”