Recensione: Déjà-Voodoo
Svizzera, terra di banche, orologi, cioccolata e… hard rock. Dalla neutrale nazione d’oltralpe sono poche le band di valore a essersi affacciate sulla scena internazionale, ricordiamo così a naso: Gotthard, Krokus, Shakra, e proprio i qui presenti Crystal Ball.
Giunti ormai al nono album, a un anno dal precedente e valido LifeRider, possiamo considerarli come i portabandiera elvetici metal melodico, soprattutto in virtù del nuovo slancio avuto con la rifondazione del 2013, che ha portato in dote l’irrobustimento del sound e l’ingresso del nuovo frontman Steven Mageney.
LifeRider è stato salutato da fans e critica come il miglior album nella carriera dei Crystal Ball, e i ragazzi battono il ferro finché è caldo con questo nuovo “Deja-Voodoo”, ancora affidato alle sapienti mani di Stefan Kaufmann (ex Accept e UDO) in camera di produzione.
L’inizio tamarro con rombo di motori sa di stereotipo, la titletrack posta come prima traccia risulta un mid tempo che ricorda da vicino le prove di UDO e non si fa apprezzare per niente. Scialba e un refrain davvero poco incisivo. Pessimo inizio.
Per fortuna già con la seconda “Director’s Cut” le cose migliorano, il ritmo si fa più sostenuto andando a pescare negli stilemi del power teutonico, e cominciamo ad apprezzare la buona voce di Megeny, il suo restare su tonalità medie ma incisive. Ricorda da vicino l’indomito Biff Byford dei Saxon, con uno spruzzo leggero del Kai Hansen d’annata e una buona personalità.
“Suspended” e “Never A Guarantee” sono divertenti passaggi di metal melodico sempre abbeverato alla fonte dei tanti maestri tedeschi, così come “Reaching Out” che nell’andazzo e nei chorous richiama alla mente le gesta dei Grave Digger e dei Gamma Ray.
La ballatona arriva puntuale con “Home Again”, comunque buona e dalla giusta atmosfera, mentre colpisce l’aggressività nelle strofe di “To Freedom And Progress”, penalizzata solo dal ritornello non proprio centrato. Le chitarre svolgono il loro onesto lavoro e nella presente traccia sciorinano dei bei passaggi arabeggianti (altra pratica parecchio diffusa tra molte band power).
L’impressione di avere a che fare con una band fortemente derivativa ormai è netta, e il prosieguo dell’ascolto lo conferma, tra una più che classica “Time And Tide”, il filler “Without A Net”, la galoppata senza infamia né lode di “Full Disclosure”e così via fino alla conclusiva “To Be With You Once More”, seconda ballad dell’album, troppo piatta per lasciare il segno.
Questo “Deja-Voodoo” non convince affatto, pur essendo un disco onesto, ben suonato e prodotto. Manca tuttavia la scintilla giusta, lo spunto vincente che è peculiarità di musicisti e compositori baciati dalla classe e dal talento. I Crystal Ball seguono la scia di chi è più grande di loro, riescono nel compitino appena sufficiente, ma il salto di qualità promesso con il precedente lavoro, per ora, non è arrivato.