Recensione: Derealizzazione Sintomatica

Di Francesco Maraglino - 17 Aprile 2021 - 6:05
Derealizzazione Sintomatica
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Gli ArtemisiA sono una band italiana in pista fin dal 2006, anno in cui fu formata per iniziativa del chitarrista Vito Flebus e della cantante Anna Ballarin. Il gruppo da allora ha collezionato un bel gruzzolo di album in studio (l’ultimo, risalente al 2017, era “Rito apotropaico”) e di appassionate esibizioni live. Proprio le capacità concertistiche del gruppo sono state immortalate nel 2019 nel disco dal vivo “Anime inquiete”.

Quest’anno gli ArtemisiA giungono al loro quinto album in studio, dal titolo  “Derealizzazione sintomatica”, uscito per la Onde Roar Records di Alessio Ligorio.

Il nuovo disco,  ancora una volta,  conferma il mix appassionato che gli ArtemisiA sanno congegnare tra generi diversi come alternative metal/stoner e rock italiano; quest’ultima influenza è simboleggiata anche dalla  la presenza di un ospite d’eccezione come  l’ex Timoria Omar Pedrini nel brano Fata verde.

Fata Verde  è una ballata che s’apre con  piano e voce femminile per poi arricchirsi del suono degli altri strumenti (con, in particolare, un bell’assolo di chitarra) e dell’alternarsi  del canto della Ballarin con voce maschile di Pedrini.
Sempre nell’alveo di suono che s’arricchisce degli spunti di certo rock italiano alla Litfiba –Timoria – Ritmo Tribale si colloca Ombre della mente, che è pure il primo singolo cui s’accompagna un video diretto da Marco Iacobelli coadiuvato da Diego “Imakarum” Caponetto. Le liriche riflettono la storia della vita in un ospedale psichiatrico della poetessa Alda Merini.

Identità è contrassegnata da riff e ritmica rocciosa in una canzone in cui break sognanti e repentine ripartenze, mentre Favola si caratterizza per l’incedere più fangoso tra stoner e doom ma anche per l’ibridazione con passaggi che possono ricordare i CSI.

Altre tracce sono certamente più vicine all’ambito alternative metal e dintorni. È il caso di Fobia, con la sua travolgente cavalcata tra grunge stoner di chitarre e sezione ritmica e con l’ospitata growl di Elvis H. Skrat.
Molto interessante, articolata e ricca di cambi di ritmo è La Benandante, canzone cadenzata dall’incedere grunge/doom, ma con un canto ancora una volta vicino al rock alternativo tricolore ed un tappeto inquietante folk, cui contribuisce Valerio Colella a mandolino e voce.
Ladro d’anime, ancora, è trafitta dalle trame chitarristica e dal canto melodico, inquieto, obliquo.

Fuori dai canoni del lavoro, ma non per questo meno intrigante, è Nelle terre di Ulisse, in cui un’epica intro ci dà il benvenuto in uno scenario strumentale dalle connotazioni prog-metal e funky/jazz.

“Derealizzazione sintomatica” è, in definitiva, un disco ancora una volta intrigante di una band che va oltre i confini di generi come alternative metal, grunge, rock alternativo italiano, stoner  mantenendo così  alto il livello di  ispirazione,  feeling, passione cui si accompagna una particolare attenzione ai testi (mai banali).

Francesco Maraglino

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