Recensione: Descending into a Deeper Darkness
Secondo disco in carriera per i Naxen: “Descending into a Deeper Darkness”. Un concept atipico, il suo, fatto di elementi diversi per ciascuna della quattro canzoni, che però di intersecano l’una con l’altra nella ripresa delle tematiche che, quindi, sono le stesse che si esprimono in modi diversi.
Per i Naxen la speranza di vivere è perduta, il terrore incapsula l’esistenza, la vita è il trauma della nascita, con il platter che si tuffa a capofitto in questi concetti ove l’oscurità trionfa grazie all’inevitabilità della tristezza e del dolore.
Questa introduzione, magari tediosa, è al contrario fondamentale per delineare i confini dello stile del combo teutonico. Confini in cui pulsa la terribile malinconia del depressive black metal. Profonde emozioni che lasciano andare le lacrime a causa della consapevolezza di un Mondo malato, in cui imperano violenza, guerre, malattie. Senza alcuna speranza di resurrezione da un dolore generalizzato, il quale funge da motore per il male di vivere.
Contrariamente alla maggior parte degli act che creano la loro arte in questo particolare sottogenere, i Naxen picchiano duro come dannati. Il loro black è duro, aggressivo per gli a altri e per se stessi… chissà. Inoltre, è potente, devastante a causa di un poderoso tappeto di blast-beats, ricco di elementi atmosferici per acuire il senso di oppressione, di tristezza e melanconia.
La fusione fra black ortodosso e quello depressivo è senza difetti, la musica scorre possente, fluida, senza intoppi né filler riempitivi; altalenante fra la furia devastante e i singulti del dolore dell’esistenza. Ossimoro perfetto fra fast e depressive black metal, per un risultato eccellente come da voce enciclopedica. Anche perché non manca la melodia. Certo, buia, oscura, tenebrosa ma pur sempre melodia. Mai in primo piano bensì quasi in sottofondo per donare alle song quel qualcosa in più che le rende piacevoli da ascoltare.
Giova anche rimarcare che i Naxen siano una formazione vera e propria. Perché? Perché il sound che si ottiene è terremotante, vivo, malgrado la sua fortissima tendenza alla tragedia. Circostanza che si avverte maggiormente per la batteria, curata da FH, che esprime tutta la sua vigoria grazie a braccia umane e non elettroniche. Capace di sfondare la barriera dei blast-beats senza perdere in possanza. Inoltre, la presenza di musicisti titolari del proprio strumento ovviamente dà di più a chi si cimenta coraggiosamente con tutto.
I brani sono lunghi, non meno di nove minuti circa, consentendo ai Nostri di esprimere tutte le idee che frullano loro in testa. C’è da notare che ‘A Shadow in the Fire – Part III (A Life Led by Loss)’ è il terzo capitolo di una trilogia cominciata quattro anni fa con il debut-album “Towards the Tomb of Times”, quasi a voler mantenere intatto il cordone ombelicale che lega il terzetto germanico alle loro creature.
Nonostante la ridetta lunghezza delle tracce, da ascoltare numerose volte con concentrazione per carpirne gli enigmi, è difficile che emerga la noia. C’è talmente tanta musica, nell’opera, che la rende notevolmente longeva. Il che è una segno particolare di grande importanza. Musica come detto costantemente devastante, annichilente, tuttavia ricca di oggetti da scoprire di volta in volta e, soprattutto, baciata da armonie sì cupe e oscure, talvolta nascoste, però piacevolissime da rendere proprie (‘Our Souls Shall Fall Forever’, ‘A Shadow in the Fire – Part III (A Life Led by Loss)’).
“Descending into a Deeper Darkness” è un buon LP di black metal in senso lato, da sparare al massimo dagli speakers per coglierne tutti i segreti. Per quanto riguarda i Naxen occorre rimarcare la loro la loro eccellente tecnica strumentale, il loro talento compositivo e, ultimo ma non ultimo, la loro professionalità.
Daniele “dani66” D’Adamo