Recensione: Descent Towards Death
Si concretizza finalmente il progetto di Dany Tee e Cristian Yans, rispettivamente voce/batteria e chitarra della realtà chiamata Los Males Del Mundo, duo argentino che sfrutta le tetre dinamiche del black metal per portarci lungo un viaggio che scende dritto verso il più buio baratro umano, quello della morte. Supportati dalla presenza di Nikita Kamprad al basso, il disco di debutto si intitola appropriatamente Descent Towards Death e fidatevi se vi dico che non è affatto l’ennesimo prodotto che va ad affollare gli scaffali del ramo luciferino del metal estremo. Lo si evince dell’intellettualità dei testi, chiaramente ispirati da grandi pensatori quali Arthur Schopenhauer, Emil Cloran e l’immancabile Nietzsche. La parte musicale è però altrettanto ragionata e non si svende a scontate accelerazioni e muri di suono perfettamente sorretti da una voce scaturita dallo stesso oltretomba che ci calamita verso l’abisso, minuto dopo minuto.
La stessa opener – Falling Into Nothing – enfatizza il concetto di vuoto, di oscurità, quel nichilismo cosmico che rappresenta l’assenza di vita, o ancor meglio, il rapido appropinquarsi della fine di essa. Ed è così che viene delineato un autentico capolavoro di black metal contemporaneo, un sound che va a pescare negli anfratti più atmosferici, quanto in quelli che avvalendosi di aperture più melodiche, contribuiscono a rendere l’album un viaggio di sola andata verso una dannazione senza possibilità di redenzione. Il minutaggio è un altro esempio di come i Los Males Del Mundo intendano sviluppare il proprio disegno maligno attraverso un’architettura profonda e in grado di sviluppare la maestosità di qualcosa di indefinito e imprendibile, il tutto mentre l’anima sta precipitando verso il basso.
Ma descrivere l’esordio discografico come un semplice viaggio infernale è estremamente riduttivo, dato che l’umore che permea nel buio rende indefinibili i contorni di ciò che di così spaventoso si insinua nell’animo umano, mai così tormentato e ormai messo a nudo di fronte ad una mesta accettazione di ciò che accadrà (The Silent Agony). Nel secondo brano si delinea infatti una maggiore propensione verso ritmiche più serrate, arrangiamenti granitici che scandiscono la straziante litania di Tee, autentico protagonista proprio per la capacità di plasmare il sound della band e trasportare l’ascoltare in questo viaggio che non contempla l’ipotesi di un ritorno, figuriamoci di una redenzione. Con il corpo straziato dalle fiamme e lo spirito dannato da un fardello ormai impossibile da nascondere, si precipita impotenti (Eternal Circle Of Vain Efforts) attraverso un lavoro concettuale che mantiene un filone logico tra un brano e l’altro, permettendoci di realizzare che non c’è luce dopo la morte.
Per quel che riguarda gli ingredienti tanto cari agli schemi black metal più classici c’è tutto, ma verrete piacevolmente sorpresi da un utilizzo di licenze artistiche che potrebbero richiamare sfumature atmospheric e addirittura gothic, ovviamente declinate al servizio di un impatto sonoro granitico come le pareti di questo abisso di perdizione. A livello di produzione, quanto offerto dalla Northern Silence è egregiamente in grado di soddisfare la fame di compressione, quanto la compattezza dei muri chitarristici, senza però trascurare l’obbligatorio compromesso richiesto da un lavoro atmosferico e che non può rinunciare a rispettare i dogmi dettati dal genere. Detto questo, Descent Towards Death è tutto fuorché un compromesso, in primis perché suona senza tempo e questo non è affatto cosa da poco, ma anche perché ad ogni brano staglia un fervore tipico di una band che ha creato la propria opera magna, un debutto che sbriciola 40 minuti di interrogatorio sulla natura umana, verso una punizione eterna che fa vacillare anche la più solida delle convinzioni (Nothing But A Lie).
Il disco si chiude con il secondo dei brani più lunghi e articolati – esattamente come in principio – dimostrando come il cerchio della vita abbia in realtà un inizio e una fine ben definite, dove ciò che sta in mezzo altro non è che un conto da saldare (The Heavy Burden) al momento della resa dei conti, quanto tutto diverrà, molto probabilmente, un tuffo nel nulla. I Los Males Del Mundo sono una delle tante belle scoperte del fertile panorama black metal contemporaneo, ma a differenza di numerose altre compagini – anche europee – riescono a creare qualcosa di intellettuale, ma al contempo diretto. Descent Towards Death è quanto di più feroce si possa trovare in questo primo quadrimestre 2021, dove non ci si svende a violenza e velocità, ma si cementa un muro che imprigiona claustrofobicamente l’ascoltatore, rendendolo schiavo del proprio tormento, dell’io più nascosto, di un’intimità che alla resa dei conti si dimostra essere il più aspro tormento con il quale convivere sino alla fine dei tempi. Questo album è malefico, infernale, trasuda un’autentica ferocia che non si cela dietro a della blasfemia fine a se stessa, ma colpisce ad un livello superiore – di tipo psicologico – grazie al perfetto incastro di un disegno che sembra provenire dallo stesso abisso di morte che dopo 40 minuti ha avvolto tutto.