Recensione: Desideratum
È dal 1998 che, ad intervalli più o meno regolari, Mick Kenney e Dave Hunt scuotono il panorama estremo. I due, più noti coi nomi d’arte di Irrumator e V.I.T.R.I.O.L., sono i titolari di uno dei progetti più brillanti e longevi dell’universo black metal inglese: gli Anaal Nathrakh.
16 anni di carriera possono sembrare molti, specie se scanditi da qualcosa come 8 full-length, un EP, due demo e, non ultima, una compilation, ciò nonostante il duo albionico non vuol proprio prendersi una pausa, continuando invece a lavorare incessantemente sulla propria musica.
Li avevamo lasciati nel 2012 con ‘Vanitas’, un lavoro di un certo spessore artistico, che però, per la prima volta nella storia discografica della band, aveva lasciato una punta di amaro in bocca: un leggero manierismo aveva cominciato a permeare delle composizioni, che suonavano un poco stanche. Tempo due anni ed eccoli riemergere con un disco tutto nuovo, intitolato ‘Desideratum’, che, ne siam certi, farà parlare di sé per molto tempo.
Partiamo da un punto che ci preme chiarificare quanto prima: ‘Desideratum’ è un disco di pregevole fattura -a tratti addirittura meraviglioso-, che però, per certi versi, suona poco Anaal Nathrakh.
La base dalla quale Hunt e Kenney partono è sempre la stessa: un black metal freddo e violento, fortemente influenzato dal grindcore più selvaggio, al quale si affiancano massicce dosi di musica elettronica. I brani, di conseguenza, risultano compatti, aggressivi e quantomai appassionanti, travolgenti, variegati.
Cosa rende allora diverso questo ultimo parto? La concessione alla melodia. Naturalmente prendete le nostre parole con le pinze, non siamo certo al cospetto di un disco di stampo power nordeuropeo, ma per la prima volta sembra che gli Anaal abbiano voluto dare maggior respiro alle proprie composizioni, adottando un riffing che, per quanto serrato e affilato, abbandona parzialmente la brutalità di lavori quali ‘Hell Is Empty, and All the Devils Are Here’ e ‘The Codex Necro’. A mancare è dunque quel caos feroce e a tratti cieco che era ormai divenuto una sorta di marchio di fabbrica.
Ma, come si diceva in precedenza, non c’è da disperare, anzi: gli A.N. non hanno dimenticato come fare male ai propri fan. Lasciando da parte ‘Acheronta Movebimus’, classica intro dal sapore post-apocalittico, è con la successiva ‘Unleash’ che i Nostri cominciano a premere il piede sull’acceleratore: chitarre possenti, batteria sparata ben oltre i limiti di velocità consentiti dal codice e pattern elettronici che sfociano nell’industrial più spinto -in taluni passaggi, specialmente verso la coda del pezzo si arriva a sfiorare addirittura la techno- accompagnano l’ascoltatore in un viaggio tormentato. Ma accanto a questi troviamo anche quei rallentamenti cui si faceva riferimento in precedenza, che fanno coppia con la voce pulita di V.I.T.R.I.O.L. Quest’ultimo, anche in questa sede, si dimostra abile nel passare con scioltezza da un registro all’altro.
Scorrendo con meticolosa attenzione la tracklist, non si fatica a scorgere gli altri highlight del disco: impossibile nominare, in primis, ‘Monstrum in animo’. Il pezzo si limita, per così dire, a prendere tutte le caratteristiche tipiche della musica del duo e a portarle all’estremo. Il primo impatto è di quelli che lasciano di stucco: in quattro minuti scarsi, i ragazzi danno vita ad una delle tracce più travolgenti e interessanti che abbiano scritto: tra schitarrate possenti, effetti elettronici a tratti quasi confusionari, e una drum machine che scandisce tempi nevroticamente, tutto sembra voler shockare e confondere l’ascoltatore, con un risultato finale a dir poco strepitoso.
Meravigliosa anche la title-track, epica e battagliera, capace di far sobbalzare anche l’ascoltatore più smaliziato. Il discorso applicato alla precedente canzone calza perfettamente anche in questo caso, sebbene in Desideratum la componente grindcore risulti ancor più preponderante.
Naturalmente, come facile aspettarsi, il resto della tracklist non mostra alcun cedimento: il songwriting generale, al contrario, si dimostra solido, ispirato e mai banale.
Un considerevole passo avanti è stato fatto per quanto concerne i suoni: i Nostri pare infatti che abbiano del tutto abbandonato del tutto le produzioni ‘secche’ del passato -e ciò era già piuttosto chiaro col precedente ‘Vanitas’. Gli strumenti, grazie a un pregevole lavoro svolto in fase di registrazione, riescono a ritagliarsi il proprio spazio, emergendo tutti a dovere.
Siamo dunque giunti alla fine. ‘Desideratum’, pur non suonando -forse- al 100% Anaal Nathrakh, riesce comunque ad appassionare e convincere. Il passo in avanti rispetto al suo predecessore è quanto mai evidente e la qualità generale raggiunge picchi decisamente elevati. A ciò si aggiunga anche una notevole longevità: anche dopo numerosi e ripetuti ascolti, ‘Desideratum’ non annoia mai. Il duo inglese, qualora ve ne fosse stato ancora bisogno, ha ampiamente dimostrato di essere una delle band che gode di migliore salute all’interno del panorama metal odierno. Consigliatissimo a tutti.
Emanuele Calderone