Recensione: Despicable [EP]
Una lunga storia, quella dei Carcass, cominciata nel 1986 in piena età dell’oro del metal estremo che, in quegli anni, si stava sviluppando in modo inarrestabile da un brodo primordiale in cui convivevano thrash, black, grind e death.
Il combo del Regno Unito, in quel periodo, rappresentava una delle punte di diamante del proprio Paese che, come insegna la Storia, giovava dell’impulso dato dalla NWOBHM per addivenire ad act che, in fondo alla loro rabbia, covavano, sempre e comunque, il richiamo all’heavy metal classico.
I Carcass non si distinguevano, in ciò, ma hanno avuto un’evoluzione propria, fortemente scandita da uno stile che, sin dagli inizi, era dotato di una consistente personalità; esplosa in tutta la sua energia nel seminale “Heartwork” (1993), capolavoro di death metal applicato alla visionarietà di un nuovo millennio, in quel momento a portata di un solo lustro.
Da lì in poi la band si è un po’ persa in se stessa, realizzando due LP, “Swansong” (1996) e “Surgical Steel” (2013), per nulla irresistibili, forse rivolti troppo al passato così come “Heartwork” guardava al futuro. Del resto essa è nata nell’ambito del grindcore, per poi passare al melodic death metal e, quindi, al cosiddetto death ‘n’ roll. Definizioni che, come sempre, lasciano il tempo che trovano ma che, in questo caso – almeno a parere di chi scrive – sono piuttosto indicative di una intrinseca, ferma decisione sulla strada migliore da seguire. Considerando, pure, lo split-up del 1996, durato sino al 2007, nonché la grave perdita per emorragia cerebrale (1999) di Ken Owen, batterista della formazione originale di cui, oggi, sono ancora presenti il mastermind Jeff Walker (voce, basso) e Bill Steer (chitarra, voce).
Tornando al presente “Despicable” è un EP che, nelle intenzioni, dovrebbe dare un’idea del nuovo LP dei Nostri, “Torn Arteries” – omaggio a Owen, originariamente pensato per uscire ad agosto ma posticipato a gennaio 2021 per via dell’emergenza Covid-19. Per questo, esso è composto da tre brani inediti (‘The Living Dead at the Manchester Morgue’ riferimento all’omonimo Z-movie degli anni settanta), ‘The Long and Winding Bier Road’ e ‘Slaughtered in Soho’), aggiunti al singolo dato alle stampe nel 2019, ‘Under the Scalpel Blade’, nella album version.
Mettendo le mani sul dischetto, con l’opener-track ‘The Living Dead at the Manchester Morgue’ ci si accorge immediatamente non si è dissolto nel tempo il marchio di fabbrica che, bene o male, ha da sempre contraddistinto in maniera univoca il combo Liverpool. Una buona cosa, giacché i Carcass, appunto, malgrado i vari cambi di idee su che suonare, hanno fatto della loro peculiarità stilistica il loro punto di forza; assieme a una tecnica sopraffina che, in “Despicable”, emerge con forza a partire dalla canzone più su citata. Ricca di cambi tempo, potente quando esplode i suoi blast-beats per attaccare alla giugulare chi ascolta. ‘The Long and Winding Bier Road’ si può dire che rappresenti una buona rappresentazione di melodic death metal, con i suoi armonici orpelli disegnati dalla chitarra solista. Note meno positive, invece, da ‘Under the Scalpel Blade’, seppur furibonda nel suo incedere a strappi, e da ‘Slaughtered in Soho’; piuttosto anonime e piatte a livello compositivo che, nel mini-CD, non si dimostra essere eccelso ma, anzi, limitato a un compitino eseguito senz’altro con perizia e abilità ma, purtroppo per la formazione albionica, privo di lampi di genio.
Alla fine non resta che appioppare una mera sufficienza, a “Despicable”, anche perché, comunque, i Carcass la loro classe non l’hanno persa per strada. Si spera, però, che il meglio sia ancora ignoto, conservato nella tracklist di “Torn Arteries”.
Daniele “dani66” D’Adamo