Recensione: Destination Set To Nowhere
Quando si parla di Vision Divine la prima cosa che viene da pensare è la solita annosa disputa tra i due cantanti che hanno fatto parte della line-up, quel Luppi contro Lione infinito che ha spaccato in due i fan della band. Ora dopo il secondo album della “nuova era Lione” viene da dire una sola cosa: finalmente sono tornati i Vision Divine che conoscevamo, ispirati e decisamente agguerriti. Dopo un 9 Degrees West Of The Moon, a detta di chi scrive, leggermente sotto le aspettative, la band torna in carreggiata con un album di gran classe e carico di novità nel sound, Destination Set To Nowhere.
C’è poco da fare, quando Olaf e soci decidono di mettere in piedi un concept dal sapore futuristico, riescono sempre a centrare il bersaglio. Come successe già con The Perfect Machine, questo nuovo disco trasmette perfettamente all’ascoltatore le emozioni racchiuse nella storia che viene narrata: il viaggio nello spazio di un uomo con le persone a lui più vicine, alla ricerca di un nuovo pianeta su cui stabilirsi e vivere una nuova vita in pace, fino al momento in cui l’equipaggio ricadrà nella stessa vecchia routine da cui era scappato.
Il sound proposto dai Vision Divine sembra essersi evoluto, racchiude infatti nuovi elementi che prima non avevamo ancora potuto apprezzare: riff dal sapore progressive si fondono con sfuriate al limite del thrash, melodie decisamente retrò si evolvono in atmosfere oniriche e “spaziali”. Oltre al meticoloso lavoro delle chitarre e delle tastiere, non va dimenticata la prestazione vocale di Fabio Lione: ogni sfumatura della sua potente voce viene messa in evidenza in un fantastico mix di maestosità ed eleganza. Gli anni di esperienza dei componenti della band danno frutti sorprendenti, aiutati anche da una produzione perfetta, dove ogni suono trova il suo posto senza alcuna sbavatura.
Già dall’intro possiamo apprezzare una novità che non si sente spesso in un disco metal, oltre al sottofondo di tastiere che intesse l’atmosfera, si sente una voce narrante che recita S’io fossi foco, composizione dell’irriverente poeta Cecco Angiolieri vissuto verso la fine del 1200.
La leggerezza dell’introduzione però non deve trarre in inganno, perché con l’inizio di The Dream Maker il gruppo fa subito sul serio, sfoderando riff taglienti e decisi che confluiscono in un ritornello armonioso e carico di emozioni grazie a un’interpretazione di Lione davvero esaltante.
Le tastiere dominano nei riff di Beyond The Sun And Far Away, brano meno violento, ma dalla melodia coinvolgente, specialmente nel refrain che una volta entrato in testa non ne esce più.
Nella successiva traccia The Ark, forse leggermente più sperimentale rispetto ai brani precedenti, le atmosfere create da Lucatti e la coppia Thorsen/Puleri riescono a proiettare l’ascoltatore nella storia in fase di narrazione, nel profondo spazio, trasmettendo il senso dell’infinito che ci circonda. Molto coinvolgente la ritmica di questo brano che dal power classico si evolve in un progressive di ottima caratura.
Mermaids From Their Moons, singolo di lancio del disco che abbiamo già potuto apprezzare da qualche settimana precede The Lighthouse, brano veloce, potente e decisamente trascinante, con riff al fulmicotone e ritmica serrata, dove la doppia cassa di Alessandro Bissa cavalca con prepotenza per tutta la canzone: davvero raffinato lo scambio di assoli tra chitarre e tastiere nella parte centrale.
Il lavoro continua con Message To Home, ballad carica di malinconia e forse il pezzo più emozionante di questo Destination Set To Nowhere, l’arpeggio di chitarra e la tastiera guidano Fabio Lione in un crescendo di poesia e musica da pelle d’oca. Con House Of The Angels si torna invece su ritmi più aggressivi che, come da marchio di fabbrica Vision Divine, si ammorbidiscono nel momento in cui ci si avvicina al chorus, per poi esplodere nuovamente: un’alternanza di riff davvero piacevole che mette in risalto la tecnica di tutti i musicisti coinvolti.
The Sin Is You ha invece un incedere leggermente retrò, con il basso di Torricini ben in evidenza e una linea vocale che riporta con la memoria ai primi anni ‘90, quasi a voler fare il verso ai grandi gruppi della musica elettronica in stile Beloved, che poi evolve in un pezzo catchy e trascinante.
Ormai in dirittura di arrivo, ci si imbatte in Here We Die, bordata metallica al limite del thrash più intransigente, in cui i riff affilati di Thorsen e Puleri picchiano pesantemente sopra la ritmica martellante, con un’aggressività che è una novità sorprendente nel sound dei Vision Divine.
La conclusione del viaggio attraverso lo spazio viene segnata dalla titletrack Destination Set To Nowhere, melodia e atmosfera per questa canzone dall’incedere lento e sognante, degna chiusura di un lavoro tutt’altro che scontato.
Un disco da gustare dall’inizio alla fine, senza un attimo di tregua tra una traccia e l’altra, questo Destination Set To Nowhere segna indubbiamente un ulteriore passo in avanti per i Vision Divine, ormai maestri del power metal e motivo di orgoglio italiano all’estero. Alla faccia di tutti i detrattori che davano la band per “bollita” od ormai priva di ispirazione, possiamo tranquillamente dire che l’album in questione è una delle migliori uscite di questo 2012… e ne siamo decisamente felici.
Stefano “Elrond” Vianello
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Tracklist
1. S’io fossi foco
2. The Dream Maker
3. Beyond The Sun And Far Away
4. The Ark
5. Mermaids From Their Moons
6. The Lighthouse
7. Message To Home
8. The House Of The Angels
9. The Sin Is You
10. Here We Die
11. Destination Set To Nowhere
Line-up:
Fabio Lione – Vocals
Olaf Thorsen – Guitars
Federico Puleri – Guitars
Alessio Lucatti – Keyboards
Andrea “Tower” Torricini – Bass
Alessandro Bissa – Drums