Recensione: Destroy
Avevamo davvero bisogno di un gruppo metal-core dall’Ungheria? Ok, la
provenienza spesso non significa nulla, ma in una nazione ‘giovane’ quanto a
mercato metal come quella suddetta è difficile potersi aspettare prodotti
all’avanguardia: e gli Ektomorf non fanno certo eccezione.
La nuova band della Nuclear Blast, con Destroy, non fa infatti
altro che seguire le orme degli ultimi Sepultura (il che è tutto dire) o dei
Soulfly più diretti, insomma quel filone estremamente contaminato che riscuote
grande successo specialmente sul territorio americano; cosa del resto in linea
con le ultime produzioni della label tedesca, diverse tra loro ma accomunate dal
grande appeal commerciale (Raunchy, Mnemic per fare 2 nomi). Una
sezione ritmica semplice, ma soprattutto scarni e ripetitivi riffs di chitarra
caratterizzano la base musicale del gruppo, su cui si innesta una voce come,
diciamo la verità, ne abbiamo sentite tante: cadenza spesso rappata o quasi,
ruvida e assolutamente ben modulata, ma troppo impersonale.
Il problema di un disco come questo non risiede poi tanto nella pura e semplice
mancanza di carattere, quanto invece nel fatto che le idee non siano molte e
risultino diluite in una tracklist di 12 pezzi, neanche troppo brevi, e che
quindi già alla terza Gypsy nell’ascoltatore subentri un forte
senso di noia; strutture troppo simili tra loro, chorus hardcoreggianti
abbastanza banali e di poca presa, intervallati solo qua e là dalla buona idea
di inserire nel disco tematiche e sonorità vicine al cosmo zingaresco, appunto:
l’intro di I Know Them, gli intervalli di Destroy e,
ovviamente, della suddetta Gypsy; tutti quei momenti, insomma, in
cui la band esce dal luogo comune di “repressione”,
“integrità” e termini abusati nella metrica come “motherfucker”.
In sostanza, le recensioni che negli anni passati definivano gli Ektomorf
come una band la cui presenza è ridondante ( ne ricordo parecchie, specie sulla
carta stampata) non si allontanavano di molto dalla verità: arrivano in ritardo
su binari da cui il treno si è spostato già da un po’ (gli ultimi Soulfly,
Devildriver, Caliban, diversissimi tra loro, propongono
obiettivamente creazioni molto più innovative, piacciano o meno; ed il
metal-core nella sua accezione più ampia ormai è un calderone di idee spesso
di dubbio gusto ma sicuramente più interessanti); sono di una piattezza
disarmante e di un’esilità eccessiva. Dfficile anche rimandarli ad un disco
migliore, viste le premesse.
Sconsigliati anche ai fans accaniti del genere.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1- I know them
2- Destroy
3- Gypsy
4- No compromise
5- Everything
6- From far away
7- Painful but true
8- Only God
9- You are my shelter
10-A.E.A.
11-From my heart
12-Tear apart