Recensione: Deviant
Certi gruppi sono delle sorte di punti di riferimento assoluto, nascono in un modo e sono destinati a vivere per sempre della stessa luce; per quanto riguarda me, e molti altri fan del grindcore più intransigente, i Regurgitate appartengono esattamente a questa schiera. Pur avendo apportato alcune modifiche al loro stile, riescono infatti anche con questo album a confermarsi capaci di dare lezioni alla intera scena grind: intensità, velocità, impatto… tutte caratteristiche che oramai risiedono nel DNA stesso di questo gruppo, capace di uscire sempre con lavori di qualità.
Dopo l’ultra-maltrattato per quanto riguarda la critica) Carnivorous Erection, una sfilza di split e il bel Hatefilled Vengeance, è ora il turno del nuovo full lenght dal titolo Deviant. Che cosa è cambiato? Bè, qualche spazio in più allo spirito core che negli altri lavori faticava un po’ a venir fuori, il cantato forse ancora più urlato e deviato del solito anche se in qualche modo meno sporco, qualche riff crust/punk in più. Che cosa invece è rimasto uguale? Tutto il resto… Sempre più veloci, sempre più incazzati, incapaci di concepire qualsiasi cosa che assomigli ad un compromesso, ancora fedeli allo spirito grindcore nella sua concezione più elementare.
Con il precedente full-lenght il gruppo ci aveva regalato un suono sicuramente più pulito e potente; questa volta al groove di quel disco preferiscono sostituire suoni taglienti per le chitarre, volumi di batteria oltraggiosi ed un risultato complessivo che abbia un impatto molto più simile a quello di un live. Ed esecuzione e suono in un cd come questo sono sicuramente in primissimo piano, forse ancora prima dei brani stessi: con onestà devo ammettere che la resa è data soprattutto dal carisma musicale che la band sfoggia (ed ha sempre sfoggiato nel corso degli anni). Così, se ancora non riesco a trovare tra i pezzi nuovi degli indiscussi concorrenti ad alcune loro vecchie perle (pur rimanendo la qualità media più alta che nel passato), i Regurgitate scavalcano l’ostacolo e ci consegnano l’ennesimo grandissimo lavoro.
Dalla radicale svolta che i Nasum di Human 2.0 fecero, i Regurgitate sono rimasti a mio parere gli incontrastati re della scena grindcore svedese, capaci di produrre lavori incontestabilmente sinceri ed estremi, e tuttavia facendo arrivare il proprio nome ben oltre la ristretta soglia dell’underground. Se per qualità esistono ancora gruppi provenienti dalla loro terra capaci di dargli del filo da torcere, quanto meno meritano questo titolo per professionalità, continuità e longevità. Lavori come questo ce ne danno una giustificazione più che valida, e non fanno che rinforzare il loro status. In attesa della prossima pazzia che vedrà coinvolti i nostri possiamo goderci con calma una delle più devastanti uscite di tutto il 2003.
Matteo Bovio