Recensione: Diabolos
I presumibilmente pochi lettori cui il nome Gackt suoni vagamente familiare potrebbero sorprendersi di trovare su queste pagine il suo ultimo disco da studio. Sorpresa perfettamente comprensibile, considerato che fra i mille ambiti cui il suo personaggio può essere legato (musica, cinema, moda, animazione, videogiochi…) quello metal non è quantomeno fra i principali. Prima di entrare nel dettaglio della domanda “che ci fa Gackt su Truemetal?”, uno straccio di presentazione resta comunque dovuto per quanti (la maggioranza, si suppone) non abbiano la più pallida idea di chi caspita sia questo emerito Carneade.
Il personaggio di Gackt – Camui Gackt, a onor della precisione – come non è facilmente deducibile dal nome, può considerarsi da una decade e più una vera e propria icona pop del Sol Levante. Una presentazione completa del personaggio dovrebbe comprendere anche una panoramica della sua attività nel mondo dello spettacolo in senso lato: dai ruoli di regista e attore a quelli di modello per alcune popolari serie di videogiochi (Final Fantasy e Metal Gear Solid dicono nulla?), passando per gli impegni come scrittore e così via. Tuttavia, ciò che interessa in questa sede è l’aspetto puramente musicale, e su quello sarà bene concentrarsi.
Il successo di Gackt nel mondo del rock nipponico risale alla metà degli anni ’90. All’epoca il giovane cantante di Okinawa ricopriva il ruolo di frontman nei Malice Mizer, con i quali incise nel 1998 l’album “Merveilles”, tutt’oggi considerato tra gli imprescindibili caposaldi del cosiddetto visual kei. Nel 1999, in seguito a paventati dissapori con il leader Mana, Gackt abbandonò la band per dedicarsi alla carriera solista. Va qui osservato di passaggio che anche dopo lo split la sua fama non accennò a ridursi, anzi. La cerchia dei suoi fan andò allargandosi a macchia d’olio, portandolo a prendere parte ai progetti più disparati. Col passare del tempo, tuttavia, il rock dai forti sapori classici delle origini si è progressivamente piegato verso un pop dai forti accenti elettronici, sempre più popolare, non sempre interessante.
“Diabolos”, ottavo sigillo del cantante giapponese (non rientrano nella conta le compilation e i mille singoli accumulatisi negli anni), non rappresenta propriamente il disco della svolta di una discografia che del resto non si è mai concessa strappi troppo bruschi. Né è da mettere alla conta un ritorno alle origini, che oggi come oggi parrebbe commercialmente improponibile. Qualcosa dal passato invero ritorna, soprattutto per quanto riguarda il riffing: un accento heavy che pareva ormai perduto, e che trova i suoi più prossimi antecedenti in brani come “Lu:Na” (già sigla della più recente serie di OAV ispirata al personaggio di Ken il Guerriero) o “Doomsday”, entrambi datati 2002. In tal senso, ciò che “Diabolos” segna è la pacifica fusione delle due anime di Gackt: quella più dinamica e rock-oriented, da una parte, e quella pacata e atmosferica, dall’altra. Qualcosa del genere si era invero già verificato in passato (qualcuno potrebbe citare il “Moon” a riguardo), ma mai in modo tanto regolare e sistematico quanto accade in ciascuno degli undici brani che compongono la tracklist. La sola “Farewell” incarna egregiamente il modello compositivo dell’album nel suo complesso: in apertura un riffing solido ed energico, che cede il passo a una strofa di grande atmosfera per poi ritornare prepotentemente alla ribalta al momento del refrain, dinamico e trascinante come pochi. Protagonista dal primo all’ultimo minuto è naturalmente la cristallina voce di Mr Camui, limpida e teatrale come da tradizione.
Che a prendere il sopravvento sia l’elettronica (“Dispar”), la sinfonia (“Future”) o il rock tout-court (“Black Stone”), la qualità dei brani si mantiene con costanza su livelli di tutto rispetto, con alcuni picchi di particolare rilievo. Al di là della già citata “Farewell”, l’album regala infatti almeno un altro paio di perle nelle sue fasi centrali – l’irresistibile “Metamorphoze” (impreziosita da un gustoso tocco folk) e la ruffianissima “Dispair” – senza contare la conclusiva ballad orchestrale “Todokanai Ai To Shitteita No Ni Osaekirezu Ni Aishitsuzuketa…” (e scusate se il titolo è corto), che entra di diritto nel novero delle dieci migliori canzoni mai scritte dal singer giapponese.
Diciamolo chiaro e tondo: quella di Gackt Camui è una delle voci più calde, carismatiche, coinvolgenti – facciamola corta: una delle voci migliori che la musica leggera giapponese abbia mai offerto da decenni a questa parte, basti l’ascolto di un qualsiasi live per dimostrarlo. “Diablos” dal canto suo pare un ottimo biglietto da visita, presentato peraltro nel migliore dei modi – produzione eccelsa, artwork intrigante, booklet formato libro, confezione curata nei minimi dettagli.
Positiva sorpresa l’album e positiva sorpresa anche (per non dire soprattutto) la distribuzione europea che si è conquistato, pur con un paio di anni di ritardo rispetto alla pubblicazione in patria (risalente al 2005). In considerazione del destino analogo che in tempi recenti è toccato ad altre personalità del rock nipponico (Dir En Gray, D’espairsRay e GazettE, solo per fare i nomi più illustri), i fan del j-rock hanno ragione di rimanere ottimisti, mentre i neofiti del settore potranno cogliere l’occasione per fare esperienza di un nuovo universo musicale, potenzialmente gravido di sorprese.
L’augurio resta che il grande passo sia compiuto con cognizione di causa: nulla potrebbe guastare l’iniziativa quanto un’invasione incontrollata che peschi a casaccio tutto ciò che popolare nell’estremo oriente. Ciò che serve è piuttosto una selezione attenta e ben calibrata, che tenga conto del valore delle band così come delle differenze tra il mercato orientale e quello occidentale.
Vero è che si tratta comunque di un esperimento: i primi risultati sembrano incoraggianti, staremo a vedere.
Riccardo Angelini
P.S.
Non lasciatevi ingannare dai mendaci titoli anglofili e rassegnatevi: i testi sono tutti in giapponese.
Tracklist:
1. Misty (02:18)
2. Farewell (04:28)
3. Noesis (05:50)
4. Ash (04:32)
5. Metamorphoze (03:40)
6. Dispar (03:27)
7. Future (04:48)
8. Black Stone (03:14)
9. Storm (03:41)
10. Road (05:06)
11. Todokanai Ai To Shitteita No Ni Osaekirezu Ni Aishitsuzuketa… (04:38)