Recensione: Die Falle
Il crepuscolo si avvicina, ed è il momento di “Die Falle”, settimo album della one-man band Bergrizen il cui mastermind è Андрій / Andrii, meglio noto con il nome di battaglia Myrd’raal. Detto album arriva dopo solo pochi mesi da “Orathania” che, a sua volta, dopo sei anni di vuoto, ha reppresentato la resurrezione del combo ucraino. Una rinascita che, anche, è figlia di un progetto cominciato nel 2007 e che ha dato alle stampe altri cinque lavori.
Da quanto sopra, si comprende facilmente che Bergrizen sia sinonimo di lunga esperienza, anzitutto. Ma anche di notevole talento compositivo e di ottima tecnica strumentale. Quest’ultima rinvenibile con difficoltà data la dovuta produzione minimale a opera della label specializzata Purity Through Fire. Del resto, il black metal di certa foggia rifugge da suoni chiari e limpidi per natura. Foggia che nel caso in ispecie si manifesta con l’aggettivo melancholic. Melancholic black metal, cioè, tradizionalmente agganciato, appunto, al concetto di one-man band e a un sound apparentemente caotico, confuso. L’ideale, insomma, per stordire e immettere in una trance onirica ove divengono mentalmente visibili le sorgenti da cui sgorgano le emozioni più profonde.
Emozioni, anzi turbinio di emozioni, fra le quali spicca, nemmeno a dirlo, una struggente melanconia. Non si tratta di tristezza vera e propria, seppure raffiguri un violento male di vivere. Myrd’raal urla alle stelle dell’emisfero australe e di quello boreale tutto il suo dolore interiore che, come cura per lenirne l’entità, trova nient’altro che la musica.
Musica potente, trascinante come l’Ade in piena, ricca di melodia e butalità. Ossimori di una sofferenza interiore che, giorno dopo giorno lima sino a consumarle definitivamente, le brevi, sfuggenti e fallaci sensazioni quali amore, gioia e felicità. Musica spesso trascinata sino alla velocità della luce dalle furibonde sfuriate dei blast-beats, che trapassano da parte a parte “Die Falle” per innalzare la soglia di sopportazione del tormento emotivo (‘Ich Vergesse Nicht’, la prima suite).
Non solo blast-beats, però. L’ambient che fa da introduzione alla seconda delle suite, ‘Ich Vergebe Nicht’, s’accorda con la voce amara e disincantata di Myrd’raal nonché con i fini ceselli della chitarra solista che, nell’emetterli, pare piangere lacrime amare, accrescendo la malinconia. Malinconia per cosa? Probabilmente per nulla, nello specifico. Immotivata se non incarnata nel DNA di un’anima sensibile, tragicamente piegata su se stessa nell’osservare i terrificanti mali del Mondo. In fondo come si nasce allegri e gioiosi, si nasce anche avvolti nella nostalgia e nella disperazione.
I giri del riffing sono come mulinelli di sangue, versato in passato, nel presente e sicuramente anche nel futuro da migliaia di persone oggetto di confitti, violenze, odi razziali, fame, solitudine. Vittime innocenti del Male, che la Storia dell’Uomo vede sempre trionfare con la sua sguaiata, sardonica nonché perenne risata. Nessuna speranza, insomma, emerge dal sound dell’LP, assolutamete scevro da agiti che non siano deputati a estrinsecare lo straziante canto del Nostro.
Il quale sciorina un break da headbanging (sic!) in ‘Der Rituelle Mord (Öffnung der Tore)’, altrimenti martoriata dai numeri di BPM da follia del drumming meccanico. Le armonie, di cui si è più su accennato, si sviluppano principalmente attraverso la sei corde nella sua funzione da solista ma non solo. Le bellissime note al pianoforte che cominciano la terza suite, ‘Die Falle (Der Wanderer 3)’, sono dolci e calde, e si uniscono al violino e al violoncello per dar luogo a orchestrazioni che, esattamente come accade per la menzionata chitarra, svolgono, sviluppano dei possenti inserimenti melodici. Poi, l’amareggiato screaming delle linee vocali riportano tutto alla terribile realtà della vita, se così di può dire, di tutti i giorni.
Non resta, allora, che lasciarsi trasportare dai Bergrizen nello spazio profondo, alla velocità della luce, scivolando fra le masse e le curvature dello spaziotempo. Un viaggio che pare senza fine ma che, a un certo punto, accompagnato dalla sinfonia della strumentale ‘Verschneite Winternacht’, termina in suo cammino laggiù, da qualche parte nel Cosmo, dove muoiono e si dissolvono nel nulla gli aliti vitali delle persone più tenere e dolci. Aliene in questa Terra, in qusto spazio. Nate qui sbagliate chissà per quale strano motivo.
“Die Falle”, ascoltato superficialmente, non pare così diverso dalle centinaia di elaborazioni similari. Tuttavia, andando in avanti con i passaggi, svela a mano a mano un impetuoso nucleo di turbamento, trepidazione e, come da definzione, di melanconia. Di quella forte, però. I Bergrizen, ovvero Myrd’raal, riescono in questa splendida demolizione del falsume insito, incarnato nel genere umano per via di una non comune percettività della vacua e opprimente esistenza terrena.
Non resta che attendere un bel giorno per morire.
Daniele “dani66” D’Adamo