Recensione: Die Urkatastrophe

Di Alessandro Rinaldi - 23 Settembre 2024 - 0:43
Die Urkatastrophe
Genere: Black 
Anno: 2024
Nazione:
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78

L’esordio dei Kanonefieber è stato a dir poco esplosivo: Menschenmühle ha avuto un impatto notevole sui metalheads nel 2021, tanto da essere riconosciuto come uno dei dischi dell’anno, in un periodo molto difficile per la musica e non solo, a causa degli sconvolgimenti portati dalla pandemia.

Non che la situazione sia migliorata nel 2024: la guerra tra Russia ed Ucraina, quella tra Israele e Palestina, e lo spettro, sempre più tangibile, di una Terza guerra mondiale con le nefaste conseguenze che la stessa potrebbe portare,  dipingono uno scenario che rende sempre più attuale il lavoro e il messaggio Kanonefieber.

Dietro questa one man band, c’è il polistrumentista Noise che nel 2020 decise di dar vita al progetto dopo aver letto i diari del suo defunto bisnonno, scritti mentre era in prima linea durante la Seconda guerra mondiale; decise così di commemorare la vita, i pensieri, i ricordi delle vittime della guerra, attraverso la sua arte e in pieno anonimato. Questo punto merita un ulteriore approfondimento poiché c’è un cordone ombelicale che unisce l’artista alla figura del milite milite ignoto, ovvero il monumento che, in diversi paesi, rende omaggio ad un militare caduto durante la Prima guerra mondiale, rimasto senza identità e la cui salma non è stata resa alla famiglia che così non l’ha potuto né piangere, né seppellire: rappresenta, quindi, il sommo sacrificio di un uomo verso la sua Patria. Allo stesso modo, Noise, si priva della sua personalità, lasciando che le parole e la musica siano le protagoniste del suo messaggio: basta dare un’occhiata al servizio fotografico promozionale dell’album, o alle esibizioni live dei Kanonenfieber, in cui l’artista tedesco, con gli altri turnisti, indossano maschere che hanno come obiettivo quello di lasciare senza identità e di uniformare i membri del gruppo, come se fossero tutti dei militi ignoti.

Il concetto di Die Urkatastrophe, catastrofe primordiale, è strettamente legato al conflitto del ’14-’18 e di come, attraverso l’innesco delle alleanze, lo stesso si sia esteso a tutto il globo: 17 milioni di morti, sfollati ed una crisi economica che è stato il cuore pulsante delle dittature e tensioni createsi negli anni ’20 che sono sfociate nel secondo conflitto mondiale.  La struttura del disco, segue il sentiero di Menschenmühle, ovvero quello di raccontare la guerra attraverso il punto di vista dei suoi protagonisti, i soldati: documenti, lettere e resoconti sono la fonte storiografica che anima lo spirito di Die Urkatastrophe e ne costituisce la colonna portante, attorno a cui si sviluppa la sua struttura. Il concetto, quindi, prima della musica.  Quindi, lasciare da parte le fredde statistiche per raccontare un orrore in prima persona.

Die Urkatastrophe ha un caricatore con 12 proiettili, per un totale di 50 minuti di fuoco, e ripercorre fedelmente quanto proposto tre anni fa: un blackned death metal molto incisivo, talvolta cupo, ma sempre curato con un mid tempo pronto a fare da protagonista, lasciando spazio a brusche e talvolta inattese accelerate. Una struttura solida, compatta, omogenea e granitica che ci fa attraversare in rapida scioltezza il suo ascolto. Vengono riproposte, ancora una volta, le registrazioni ambientali all’interno delle canzoni: talvolta sentiamo maneggiare armi, come in Der Maulwurf, in altre, come Ausblutungsschlacht, dei discorsi presumibilmente di militari, che danno una dimensione più realistica, talvolta cruda.  Rispetto al precedente disco, c’è una maggiore cura dei dettagli e una ricerca più attenta della melodia, ma la sostanza non cambia, rendendo riconoscibile la band, ma allo tempo stesso prevedibile: basti pensare alla somiglianza tra Als die Waffen kamen con Verscharrt und Ungerühmt di Menschenmühle, oppure agli artwork di entrambi. Il filo sottile e invisibile che lega i due dischi è lo stesso che, per parte della dottrina storiografica, unisce le due Grandi Guerre e tende a considerarle come un unico grande conflitto mondiale: l’impressione, infatti, è che sia un unico grande album, diviso in due atti.

Lo scopo di Noise è nobile, perché attraverso la narrazione degli orrori della guerra per mezzo delle parole delle prime vittime e dei principali attori, trasmette, a chi ascolta, la dimensione umana della tragedia, che spesso giunge alle orecchie di chi non la vive in prima persona come un numero, una statistica o una narrazione astratta di quella che potrebbe sembrare una sterile cronistoria. E in questo, riesce ad arrivare al pubblico: ed è un grande merito, elevando la sua musica ad un rango superiore a quello di puro intrattenimento e dandogli una dimensione didattico-pedagogica. Ci aspettiamo, quindi, nuove storie da Noise, nuovi orrori di cui renderci partecipi, da leggere, da ascoltare e da elaborare come pensieri e riflessioni critiche nei confronti di qualcosa che ci sta sfuggendo di mano.

Accodandoci al suo pensiero, vorremmo concludere con una frase di Albert Einstein “Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre.”.

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