Recensione: Different Angles
Tempo di come-back anche per la nuova incarnazione musicale di Steve Overland, apprezzato singer dalle doti eccellenti, noto ai più per la sua lunga militanza in qualità di frontman dei notevoli FM, storica band britannica riconosciuta da tempo quale uno dei migliori esempi di Hard Rock emersi nel corso degli anni passati dalla sempre fertile terra di Albione.
Il precedente “Land Of The Living” aveva convinto una buona parte degli ascoltatori rivelando, come atteso, una interessante dose di classe annaffiata da robuste melodie che avevano effettivamente parecchio in comune con i succitati FM, ed in grande forma era apparsa la voce di Overland, sempre a suo agio in un contesto ritagliato perfettamente su misura alle sue doti vocali tale da erigerlo ad assoluto protagonista del disco.
Anche per questo “Different Angles” le coordinate si mantengono più o meno invariate, riproponendo piuttosto fedelmente il medesimo approccio musicale mutuato, oltre che dalla già citata band inglese, anche dai conterranei Heartland, rappresentati infatti dall’inconfondibile suono della chitarra di Steve Morris che, insieme alla sezione ritmica dei Thunder (Chris Childs al basso e Harry James alla batteria) va a comporre, come già nella precedente uscita, una sorta di “nazionale” del rock melodico d’oltremanica.
Entrando sin da subito nel concreto di questo nuovo prodotto è bene tuttavia sgomberare il campo da qualsiasi tipo di dubbio: siamo ben lontani, a detta di chi scrive, dall’essere in presenza di un capolavoro, abbiamo piuttosto a che fare con un cd onesto e discretamente curato, nobilitato da una prestazione vocale di prim’ordine tuttavia privo di particolari sussulti o highlights e non scevro da aspetti criticabili e non del tutto convincenti; è evidente infatti una “mollezza” (mi si permetta il termine) diffusa un po’ in tutte le tracce, caratteristica questa che ha la non nobile fama di essere preludio ad un altro aspetto terribile per un disco (in particolar modo quando parliamo di Hard Rock o AOR che sia): la possibilità di scadere nel noioso e ripetitivo.
Fortunatamente questo più che sgradevole rischio è spesso arginato dal buon mestiere della band, che non riesce tuttavia ad evitare di tanto in tanto qualche pericoloso scivolone andando a chiudersi in fastidiosi “loop” e ripetizioni di strofa che invogliano a saltare “piè pari” al pezzo successivo per dedicarsi alla ricerca di qualche scintilla di maggiore energia e di un più convincente dinamismo, non lasciando così, in qualche episodio, particolarmente estasiati dalle composizioni in dote a questo “Different Angles”.
D’altro canto, come già accennato, si possono comunque trovare aspetti alquanto apprezzabili e situazioni di buon livello, in alcuni frangenti accomunabili (in modo molto vago per la verità) a qualcosa degli ultimi Dare, in special modo per le atmosfere talvolta dilatate e non troppo focose (i brani “Cry Wolf” e “Did It For Love” ne sono esempi concreti) e per lo stile di Overland, che come Wharton ha la non comune capacità di essere “interprete” di un pezzo e non semplice cantante.
Per farla breve e dare una definizione calzante possiamo fare uso di una metafora che permette di contestualizzare le sensazioni di un cd di questo tipo, non già nelle classiche partiture brillanti che riconducono alla vitalità ed al clima solare di certa produzione melodica, quanto piuttosto ad umori maggiormente “plumbei” e piovosi, tipici in fondo di quell’Inghilterra da cui gli Shadowman provengono e che, tranne in rari e sparuti casi (“Take me Home”, “Chains” e “Satellite” sono infatti episodi in possesso di un “tiro” più sostenuto e grintoso) avvolgono i brani conferendo loro un tono spesso rilassato e meno dirompente o sbarazzino.
L’idea è comunque quella di un dischetto che necessita di qualche ascolto al fine di approfondirne le qualità, in ogni caso sostanziali, e di entrare in sintonia con le atmosfere mai troppo vigorose di cui è pervaso in tutta la sua durata.
Consigliato a chi ha familiarità con i citati FM ed Heartland, (o con i poco conosciuti Mystic Healer, davvero molto simili) e soprattutto a chi non va alla ricerca di un rock troppo gagliardo e urgente.
Non un capolavoro, tuttavia accettabilissimo, con un plauso per la solita grande prestazione di Overland, davvero singer di razza.