Recensione: Different Shapes For The Same Letter
In attività da ormai quasi otto anni, i veronesi Schizophonic arrivano con “Different Shapes For The Same Letter” all’agognato traguardo del primo full length in carriera, ottenuto, come costume sempre più frequente, attraverso la classica strada dell’autoproduzione.
In effetti, definire un semplice “demo” la prima prova sulla lunga distanza del gruppo veneto, è quanto di più riduttivo e spiacevole possa occorrere nel renderne conto. Curato sin dalla copertina in modo maniacale e davvero molto completo in ogni sua parte, il lavoro profuso dagli Schizophonic rivela una determinazione alquanto encomiabile nel non voler lasciare nulla al caso, garantendo immediatamente all’ipotetico fruitore della proposta, un biglietto da visita improntato alla qualità visiva ed all’attenzione per i dettagli.
Preceduto da un solo EP edito nel 2003, divenuto un piccolo evento nella storia del gruppo per via delle collaborazioni illustri con Bumblefoot (attuale chitarra dei Guns n’Roses) e Andrea Martongelli (Power Quest) e per la presenza della hit “Hope”, singolo divenuto celebre nel 2007 per la programmazione estiva di Radio Rai, il nuovissimo album del quartetto sottintende alla propria natura multiforme ed elaborata sin dal singolare titolo prescelto.
“Differenti forme per la stessa lettera”, evoca, infatti, già dal primo contatto, una sostanza tematica che non desidera proporsi come essenziale, troppo diretta o incanalata entro strutture e stilemi eccessivamente rigidi e prestabiliti. Un’anima nervosa e cangiante, è piuttosto la vera essenza di quanto elaborato, metabolizzato e messo in musica dai quattro musicisti, poco propensi nel rimanere incatenati in categorizzazioni troppo rigide che tendano ad imbrigliarne gli slanci artistici.
Interessante in tal senso, scoprire le influenze del gruppo guidato dal chitarrista e fondatore Fabrizio Cicolin, citate direttamente quali fonti d’ispirazione nella release di questo primo disco. The Beatles, Police, Nuno Bettencourt, Bumblefoot, Queen, Led Zeppelin, Living Colour e Mr.Big, evidenziano uno spettro d’azione decisamente vario e multicolore, per lo più orientato ad una forma musicale che, mantenendo intatto il tradizionale involucro della canzone in senso stretto, lascia libero sfogo all’originalità ed alla voglia di variare.
Hard rock, funky, jazz, sfumature alternative, qualche sprazzo pop ed un pizzico di “nonsense”, contribuiscono nella formulazione di un nucleo di brani composito e vario, talvolta adagiato su livelli qualitativi davvero molto interessanti, in altri frangenti, meno scorrevole e con qualche incertezza in più.
Il meglio gli Schizophonic, l’ottengono probabilmente quando l’ottima voce del nuovo entrato Marco Vantini ha la possibilità di abbracciare toni e sfumature vicine al rock “simil” classico, rivisitando un po’ lo stile di Gary Cherone e Chris Cornell, con qualche acuto in più.
Alcuni brani più di altri, nell’ordine “Cupid’s Crying”, “Stay With Me”, “Lost”, “Cut Here” e “Shadows”, affermano con forza il talento di una band che, quando baciata da estro ed inventiva, riesce ad assommare in un’unica soluzione, melodia, tecnica e l’imprescindibile piacere d’ascolto ricercato con assoluta dedizione da ogni appassionato di musica rock. Non così peregrino in casi come questi, accostare trame e songwriting a quelli degli Extreme, realtà tra le migliori del genere, similare nell’approccio a cavallo tra classica energia rock e saltellamenti funky.
Altrove la miscela funziona invece un po’ meno bene, perdendo in carattere e forza incisiva. È il caso delle meno brillanti “Writing Love In The Sand” e “Misuderstanding”, tracce leggermente “stiracchiate” e meno “convinte”, senza dubbio di qualità e spessore inferiori se paragonate, ad esempio, all’efficace trio d’apertura.
Nel mezzo, “Unspoken”, “G.O.D. Inc” e l’allucinata “Run Rabbit”, pezzi eloquenti della bravura dei quattro musicisti veneti e con numerosi spunti creativi di valore, seppur non ancora del tutto assurti a livelli di primissima grandezza.
Ciò che sembra realmente non difettare agli Schizophonic, è il desiderio di osare e spingersi con costanza verso orizzonti contaminati e quanto possibile nuovi, alieni ad un ingabbiamento stilistico che vorrebbe tutto, sempre, inserito in un comodo e rassicurante percorso standardizzato.
I loro per il momento, paiono essere dei semplici tentativi, degli esperimenti non ancora legati da un unico filo conduttore, volti all’identificazione di un amalgama che, come una sorta di formula, possa condurre a qualcosa di molto vicino ad un’esplosione.
Tentativi che, ad ogni modo, lasciano già intravedere risultati, ma soprattutto, mostrano un gruppo teso verso una ricerca, non fermo sulle proprie posizioni o schiavo di stilemi preconfezionati. Piuttosto, una band pronta a cogliere ogni possibilità d’ispirazione per trovare finalmente la chiave di volta di un songwriting evoluto, in grado di dire qualcosa di fresco e lontano dalla routine.
Potrebbero non riuscire mai a trovare la giusta sequenza e gl’ingredienti adatti. Intanto però, loro ci provano.
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Tracklist:
01. Cupid’s Crying
02. Stay With Me
03. Lost
04. Run Rabbit
05. Unspoken
06. Cut Here!
07. Writing Love In The Sand
08. G.O.D. Inc.
09. Misunderstanding
10. Shadows
Line Up:
Marco Vantini – Voce
Fabrizio Cicolin – Chitarre
Stefano Alberini – Basso
Andrea Marchioretti – Batteria