Recensione: Diluvium
Si narra che il diluvio universale abbia purificato il mondo dai peccati e dalla direzione sbagliata che l’umanità aveva intrapreso. A giudicare dalla situazione attuale qualcosa è comunque andato storto, ma non siamo qui per parlare di storia, religione e tantomeno di cronaca. Il diluvio al quale facciamo riferimento è un diluvio sonoro, una tempesta di note e ritmiche complesse che ci viene offerta dagli Obscura, giunti al quarto impegno discografico e con l’intenzione di spazzare letteralmente via ogni possibile forma di resistenza gli si pari davanti. Il nuovo disco ti avvolge come un fungo atomico e ti stordisce come il più mastodontico tornado che possa varcare la soglia di questo mondo. Definirlo con semplici aggettivi non è facile e giocare con le parole accostandolo ad eventi atmosferici catastrofici rende meglio l’idea di quanto ci si trovi di fronte a qualcosa di incontrollabile, qualcosa che va ben oltre la comprensione umana. Lo si percepisce anche dai testi, sempre molto ricercati – sia nelle parole che nei contenuti – ma del resto si sta parlando di una band innovativa e che ha coniato un proprio sound, eretto sulle basi del death metal più tecnico che abbatte ogni preconcetto ed ogni barriera, andando a imperversare su territori progressive e su sonorità alternative che anni addietro sono state per esempio introdotte da una band chiamata Cynic e che sono certo conosciate bene, soprattutto se il vostro approccio verso gli Obscura non sia opera del caso.
A differenza di molto dischi analoghi, “Diluvium” non richiede un numero esasperato di ascolti per essere interpretato al meglio. Una delle caratteristiche chiave della band è proprio quella di offrire un sound ricco di sfumature, ma al tempo stesso perfettamente in grado di entrare nella testa dell’ascoltatore dopo aver trivellato i timpani a suon di ritmiche ispirate, una batteria che getta con estrema precisione l’Abcdiario del percussionista superdotato moderno ed un basso che con tutta probabilità tocca più note in una sola canzone di quanto faccia un bassista tradizionale su un intero disco. Ho comunque voluto dedicare un elevato numero di ascolti per entrare più confidenza con ogni singolo brano, ognuno ricco di sfumature differenti ed ognuno con un carattere ben delineato e in grado di erigersi a manifesto per un album maturo sotto ogni aspetto e che vi sfida a voler continuare a suonare il proprio strumento. Sì, perché dopo aver sentito le sue 11 tracce, potrebbe anche capitare di vivere un po’ di sconforto, tramortiti a metà tra la soddisfazione di aver assistito a una simile opera metal e la sorpresa di come possano esistere essere umani così folli e abili da essere in grado di registrare un lavoro di tale caratura in appena due mesi.
Il disco si apre con un autentico manifesto del miglior prog/death metal moderno: Clandestine Stars è un vortice sonoro con ritmiche fuori dal comune e presenta nel modo migliore gli ingredienti “tradizionali” del sound degli Obscura. Non manca proprio nulla, dai cambi di tempo ai fraseggi labirintici e gli ormai noti poliritmi, tanto cari ad una delle sezioni ritmiche migliori in circolazione. È un’autentica enciclopedia, un brano che apre e riassume quello che vi aspetta per i successivi minuti di esperienza sonora. Emergent Evolution è sempre molto veloce, ma presenta anche più spazio per una parte melodica, si elabora mantenendo uno schema preciso e molto diretto, senza inutili fronzoli e senza perdersi per strada, come sarebbe invece facile fare volendo mettere molte cose in pochi minuti di canzone. Arriva la title-track Diluvium e con essa gli assoli che la introducono, per poi passare lo scettro ad una parte vocale che non conosce barriere stilistiche. C’è una tecnica davvero esagerata ed è messa a nudo, a disposizione di un gruppo che non sa mai di autocelebrazione; questo è uno dei punti chiave degli Obscura. A questo punto, nonostante il sangue alle orecchie, proseguirete avidamente l’ascolto con la successiva Mortification Of The Vulgar Sun , ancora più articolata ed al limite del contorto, con un avvio marziale che lascia spazio ad aperture più melodiche e ritmate. Ethereal Skies sembra quasi porre il suo personale tributo a Cosmogenesis, ma lo fa attraverso il sound attuale cha contraddistingue la band, sempre pronta a introdurre contaminazioni minori che arricchiscono una delle canzoni più complesse dell’intero lavoro. Siamo a metà e Convergence alza nuovamente l’asticella delle performance: non si scappa, c’è del buon vecchio blast beat old school, una linea di basso disumana (quel fretless!!!) e regala ai posteri uno dei brani più folli mai suonati, che unisce tecnica, violenza, melodia e soluzioni inusuali come soltanto qualcosa di innaturale potrebbe fare. Segue la conflagrazione universale di Ekpyrosis, dove anche lo stacco più semplice viene portato ad un livello superiore di evoluzione sonora. Fill di batteria e avanti tutta con The Seventh Aeon, un altro brano che merita un posto nella vostra playlist preferita: il riffing è più marcato, il basso è sempre sotto i riflettori e i vari cambi riescono a unire ogni singola parte senza mai far diminuire il coinvolgimento cosmico del nostro cervello. The Conjuration sarà a tutti gli effetti un’arma brutale in sede live, mentre An Epilogue To Infinity suona ancora più progressive rispetto agli altri brani del disco. C’è epicità sotto ogni forma, anche dietro ad una struttura apparentemente schematica che invece cela un mondo sonoro divenuto ormai trademark degli Obscura. A Last Farewell è una bonus track strumentale, molto atmosferica e sinistra, che suona quasi come un cliffhanger per il mondo che verrà dopo questo Diluvium, un mondo che sicuramente non sarà più lo stesso.
Inutile girarci intorno, ci sono gruppi che sono destinati a fare grandi cose ed alzare il livello di ogni loro impresa discografica, album dopo album. Ogni nota è messa al posto giusto, ogni soluzione è frutto di un attento ragionamento, partorito unicamente grazie al lavoro di quattro menti che operano all’unisono, per creare una dimensione sonora unica. Tra la fitta tessitura di ogni canzone è impossibile trovare spazio anche solo per una nota differente, il risultato è un album che permette al sound degli Obscura di evolvere e prendere maggiormente le distanze da quelle band che vorrebbero tenere il passo, ma che in fin dei conti riescono soltanto in parte a creare un disegno simile a questo capolavoro firmato Kummerer & co. Rafael Trujillo ha trovato la sua dimensione ideale e la sezione ritmica è davvero oltre ogni più assurda immaginazione, grazie al basso di Linus Klausenitzer che sale e scende su ogni strofa con una apparente semplicità che rende il tutto ancora più distante dalla nostra definizione di comfort zone. Infine la batteria di Sebastian Lanser sembra suonata da un octopus sotto anfetamine, ma con un perfetto senso del tempo e idee chiarissime su come ridisegnare l’idea di sezione ritmica progressive. Un disco compatto e che merita assolutamente di finire sul vostro scaffale.
Brani chiave: Clandestine Stars / Diluvium / Convergence / The Seventh Aeon / An Epilogue To Infinity