Recensione: Dim Carcosa
Gran bello questo disco degli Ancient Rites. Uno dei migliori prodotti Black degli ultimi anni, se avevate già sentito il precedente Fatherland sapete perchè parlo così e cosa dovreste aspettarvi.
Il disco si apre con un brano che nulla sembra avere di black, lasciatevi trasportare dalla dolce melodia del piano e dimenticate tutto. L’intro intitolata The Return infatti è una sorta di messaggio: lasciatevi dietro tutto perchè state giungendo nella dimenticata città di Carcosa. L’album è infatti una sorta di concept attorno all’immaginaria città di Carcosa creata dallo scrittore W.Chambers nel suo celebre libro Il Re in Giallo che tanto influenzò altri scrittori, in primis Lovecraft. Lasciata The Return con le sue dolci melodie e le voci femminili così suadenti, veniamo subito accolti da un vero e proprio attacco sonoro con la canzone Exile (Les Litanies de Satan) e subito dopo Victory or Valhalla (Last Man Standing).
E’ l’inizio del disco e ci riporta alla mente le sonorità già ascoltate nel precedente Fatherland: chitarre che macinano riff formidabili e una batteria indiavolata senza mai dimenticare la melodia. Proprio le partiture ochestrali sembrano acquisire un ruolo di primo piano in questo nuovo disco. Non più relegate a margine in qualche stacco ma punto centrale del songwriting. Sembra altresì che stavolta siano chitarre e batteria a seguire l’orchestrazione rendendola ora più cattiva e serrata, ora lasciandola libera di tessere notevoli melodie. Tutto questo riesce a creare una sottile atmosfera ancora più accentuata dal cantato. Non siamo infatti di fronte a un classico cantato da disco black con l’ossessiva voce growl a farci compagnia in ogni attimo dell’album.
Al contrario il growl viene spesso messo in secondo piano lasciando spazio a voci femminili e a un cantato pulito più una sapiente miscela di vari “mezze misure” con una voce più o meno growl e più o meno pulita. Cosa dire di più? Potrei lanciarmi in una disamina di ogni singola canzone, ma si trasformerebbe facilmente in uno sterile esercizio di stile dato che quanto era da dire su questo disco è già stato detto. Un’ultima menzione comunque meritano sicuramente la quinta North Sea, l’ottava Remembrance che ci riconferma la grande attitudine per il piano degli Ancient Rites con un nuovo pezzo lento, la nona Lindisfarne (anno 793) e la conclusiva Dim Carcosa che con uno splendido brano parlato chiude degnamente questo album. Indiscutibilmente un disco con molti punti forti. Cosa ancora più importante è il notare che in un momento in cui il black vero e proprio sembra essere leggermente in crisi, riproponendo sempre gli stessi stilemi, ci sono gruppi che senza snaturare il genere con contaminazioni ad esempio dall’aborrito NU-Metal, sono ancora in grado di sfornare dischi di questo livello.
In conclusione un disco che non sfigurerebbe sullo scaffale di qualsiasi metallaro, forse più apprezzato dai black-oriented, ma con pregi tali da essere ascoltato con gusto anche dal più indefesso fedele del power.
Track list:
01 The Return
02 Exile (les litanies de satan)
03 Victory or Valhalla (last man standing)
04 … and the Horns called for War
05 North Sea
06 Gotterdammerung (twilight of the gods)
07 (ode to ancient) Europe
08 Remembrance
09 Lindisfarne (anno 793)
10 On Golden Fields (de leeuwen dansen)
11 Dim Carcosa