Recensione: Dimensions
Una sorta di incantesimo mi spinge a comprare sempre la nuova fatica dei Freedom Call. Sono titubante quando metto il lettore nello stereo e, puntualmente, rimango letteralmente stregato e stupito positivamente dal nuovo lotto di canzoni semplici e dirette proposte dall’allegrissimo combo tedesco. Come cavolo è possibile? Facessero una musica particolarmente complessa e mutevole potrei anche capirlo ma così non è. Spudoratamente allegri e dediti all’happy metal la band di Dan Zimmermann e Chris Bay se ne frega altamente delle critiche che piovono da parte di chi crede che l’heavy non possa essere considerato tale se non è oscuro, graffiante ecc… Con una tecnica di tutto rispetto e melodie zuccherose ed esagerate, che sembrano trovare nei ritornelli ispirazione dalle sigle dei cartoni animati, vanno avanti per la loro strada. Il risultato è che dal 1999 in poi un numero crescente di fans è stato rapito dalla loro simpatia contagiosa (andate ai loro concerti e capirete) e musica solare suonata in modo professionale. Al pari degli Hammerfall i nostri fanno della staticità musicale il loro marchio di fabbrica: i loro studio album si possono acquistare a scatola chiusa e, fin da subito, vi posso anticipare che le cose non sono affatto cambiate per Dimensions che risulta essere ancora una volta vincente. E’ un po’ come quando i Bulls, durante gli anni ’90 del loro regno nell’NBA, all’ultimo tiro dei match più importanti si affidavano a Micheal Jordan. I compagni sapevano di dover dare la palla a lui, l’allenatore e la squadra avversaria erano ben consci che dovevano marcarlo a qualunque costo. Non c’era l’effetto sorpresa ma, puntualmente, arrivava sempre per gli avversari il frustrante rumore della retina che si muove delicatamente per suggellare il canestro decisivo! Con le debite distanze è così per i Freedom Call che con lo stesso giochetto, la stessa carica positiva, struttura di canzoni, assoli e break conosciute a tutti fanno centro album dopo album. Dan e soci non hanno capacità tecniche superiori alla media (come invece era per M.J.) ma la palla nel canestro (mercato), anche in un momento di stanca del power, la mettono sempre. Probabilmente sono facilitati dal fatto che manca concorrenza; a parte il recente debutto dei nostri Trick or Treat mi sembra che il power alla “Dr. Stein” rappresenti una piccola fetta del mercato e vanno più di moda gruppi clone, sonorità con orchestrazioni altisonanti e barocche per brani complessi e lunghi, power-thrash o neoclassico ultraveloce e tecnico. I Freedom Call invece, nella loro esagerata vena allegra portano alla mente solo i Freedom Call e questa è probabilmente la loro forza. Mettiamo però un po’ d’acqua su questo fuoco: i nostri fino ad ora non hanno mai fatto un capolavoro e, probabilmente, non lo daranno mai alle stampe ma come al solito sono riusciti a sfornare un nuovo cd estremamente godibile e positivo: questo per me è la loro ennesima impresa e me la godo!!! Bene, ora credo che sia giunto il momento di analizzare Dimensions.
Partiamo proprio dalla copertina che, con il vasto assortimento di figurine, fornisce una sorta di richiamo al manga YU-GI-OH!. Giocare con le carte del destino è come giocare con la vita stile fumetto nipponico?
I Freedom Call tornano a giocare con la loro musica, se pensavate che Circle Of Life potesse rappresentare il picco della loro goliardia sonora beh, non avete ancora ascoltato Dimensions. Innocent World, tanto per fare un esempio, è un’opener possente, diretta, veloce, ma chi se l’aspettava, a tre quarti di brano, il coretto da Zecchino d’Oro?
L’estremizzazione dell’essere Happy ha un titolo: Mr. Evil. Lasciate perdere il testo “semi-serio” e sorridete sulle melodie di una canzone che riporta agli Helloween di un ventennio fa, accompagnate gli irrefrenabili Chris Bay & Soci nel chorus sbarazzino e affrontate a muso duro gli attacchi verbali del Signor Male. Ne uscirete vincitori, garantito.
Incontenibili l’auto-celebrativa United Alliance e la sorellina minore di Mr. Evil, Queen Of My World, quest’ultima provvista del coro più avvincente dell’intera set-list.
E sono quattro, quattro motivi che valgono il prezzo del biglietto. A queste si aggiungono la new entry Blackened Sun, oscura e rivoluzionaria se vogliamo, la “gamma-rayana” Dimensions (mi ha ricordato “solid” nel ritornello), e Words Of Endeavour, una gran bella ballata dal retrogusto celtico con Chris Bay (intervista) assoluto protagonista. Il tutto supportato da una produzione eccellente, più moderna del solito e soffice quanto basta per esaltare le doti dei nostri.
Avanti così ragazzi: spensierati, allegri, gioiosi, festosi, spassosi e radiosi. Dimension è, se ce n’era bisogno, l’ennesima dimostrazione di coerenza di una band che si è costruita intorno un mondo tutto suo, un luogo dove i malvagi e i prepotenti non possono entrare.
Ricordate: quando il gioco non si fa duro, i Freedom Call cominciano a giocare. E a noi piacciono così.
Paolo Beretta e Gaetano Loffredo
Tracklist:
1.Demons Dance
2.Innocent World
3.United Alliance
4.Mr. Evil
5.Queen Of My World
6.Light Up The Sky
7.Words Of Endeavour
8.Blackened Sun
9.Dimensions
10.My Dying Paradise
11.Magic Moments
12.Far Away