Recensione: Dirge
Quando, nel “lontano” 2013, venne diffusa la notizia della nascita di questa band, chi scrive non riuscì a non emozionarsi. Il pedigree del gruppo, il contesto di provenienza, il genere e le anticipazioni andavano a riempire una sorta di vuoto artistico che tanti ensemble avevano contribuito a creare: l’evoluzione intellettual-progressiva degli Anathema, le oscillazioni di genere dei Paradise Lost, il silenzio dei Novembre…Chi negli anni ’90 era cresciuto a pane e doom-death metal si sentiva in un certo senso abbandonato a se stesso, ai ricordi e alla ricerca di qualcosa che potesse riportare nostalgicamente indietro di qualche lustro. I primi passi di questa formazione, composta da membri del giro della Capitale (Klimt 1918, Room With A View, Novembre, per l’occasione tutti nascosti diero a pseudonimi) hanno fatto subito ben sperare e, all’uscita di “Dirge”, il debut album dei Raspail e oggetto della presente recensione, possiamo tranquillamente affermare che le aspettative sono state pienamente confermate.
Il disco, come è stato fatto intendere, ha i piedi ben piantati negli anni ’90, in quel doom death metal primordiale ed essenziale che segnò in modo indelebile la musica pesante di quegli anni. Ritmi ovviamente lenti e cadenzati, testi tra l’esistenzialista e il classico (nel senso letterario del termine), l’utilizzo del cantato sporco non per impressionare, ma per sottolineare una sorta di sofferenza profonda, interiorizzata. Di primo acchito, il pensiero è andato a certe sensazioni che i primi Anathema riuscivano a creare nell’ascoltatore (leggasi “Pentecost III”) o ai primi Katatonia, ma poi, con il prosieguo degli ascolti, è parso evidente come i Raspail non si siano limitati nello svolgere un nostalgico lavoro di riproposizione di schemi vetusti: molteplici sfaccettature hanno iniziato a prendere forma, altrettante influenze, molte delle quali decisamente più recenti. E quindi, momenti gaze o più genericamente post-rock, divagazioni vicine alla scena cascadiana. Insomma, una serie di elementi che contribuiscono in un certo senso ad attualizzare la proposta dei Raspail, non propriamente a migliorarla, ma a renderla più fresca, anche se probabilmente tale termine male si sposa con certe ambientazioni. Ed inoltre la voce è lontana dai timbri gutturali tipici di inizio anni ’90 ed è ottimamente “graffiata” secondo canoni più consoni al black metal. Altro elemento che risalta, la produzione – azzeccata, formalmente corretta, ma che riesce ad evitare le tristissime plasticosità oggi tanto in voga – è abbastanza lontata da quella ”morbidezza” che avvolgeva certe produzioni Peaceville o Music For Nations di qualche anno fa e mantiene un che di primitivo, essenziale, che rende il tutto estremamente reale e genuino.
Ha sicuramente poco senso in questa occasione andare a snocciolare le caratteristiche di ciascuna traccia, scivolando in un noisoso track-by-track. I pezzi sono quasi tutti lunghi e di certo non si tratta di un album di cui ascoltare i singoli brani, ma da assaporare nella sua completezza, dall’inizio alla fine, magari in loop, perdendosi nei suoi chiaroscuri, dai passaggi più death metal fino ad arrivare ai momenti più “ambient”. Proprio così, si passa da momenti rarefatti, di isolamento e contemplazione, ad altri davvero rabbiosi ed istintivi. Il tutto senza soluzione di continuità, spesso all’interno dello stesso pezzo, in un saliscendi emozionale particolarmente interessante.
Una cosa è certa, non si tratta di musica per tutti i gusti o per tutte le stagioni, è una proposta molto personale ed indirizzata agli amanti del genere, benché la qualità sia oggettivamente palese. “Dirge” è quindi un album senza dubbio consigliato agli appassionati di certe sonorità, ma anche, più semplicemente, a chi gradisce la rivisitazione di ciò che ha fatto la Storia della musica estrema in una chiave attuale e al passo con i tempi.
Vittorio Cafiero