Recensione: Disconnect

Di Stefano Santamaria - 8 Dicembre 2017 - 0:00
Disconnect
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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62

Il progetto Threat Signal vede la luce nel lontano 2004, ha alle spalle tre album, due singoli una demo. Ad aggiungersi a questa produzione ecco il nuovo full-length “Disconnect”, voce che rompe un silenzio durato sei anni. La band vede solo ormai l’unico Jon Howard come membro originario.

La label Agonia Records, solitamente votata ad un sound più oscuro e vicino al black e al death, decide di produrre questi artisti il cui sound è un metalcore decisamente tecnico. Ad “ungere” gli ingranaggi di questa creatura intravediamo nitidi riferimenti al thrash / industrial di Fear Factory, a quell’onda d’urto che negli anni novanta ci investì e che continua, a distanza di tempo, a fare ancora male. Chiaro che la proposta dei Threat Signal non si fermi solo a questo, innescando via via esplosioni di death melodic e di voci che, come da copione più modernamente core, alternando lo scream ad approcci armoniosamente rock. Tutto questo, a tratti, pare un po’ preconfezionato, teleguidato dalle mode più che da una spontaneità emotiva. Parliamo di sensazioni, chiaramente, ma è innegabile come alcune strutture seguano ciecamente le linee guida del filone. 

Assoli di chitarra, accelerazioni, melodia e poi ritornello fanno parte di un circuito collaudato che già molti hanno percorso. Ciò che fa ben sperare è certamente la tecnica esecutiva, l’adrenalina che pezzi come ‘Exit the Matrix’ trasmettono sin dall’inizio, con l’immancabile momento melodico a seguire a mitigare l’aggressività. Il trend visto si ripete quasi sempre, una ridondanza che viene spezzata dagli intagli di una chitarra affilata e che si incastona con una ritmica complessa. Sangue che cola ma che in pratica non colpisce o incuriosisce davvero, full-length che nei momenti più thrash riesce a solleticare ma che poi si perde in una banalità di stereotipi metalcore.

 La strada da percorrere è lunga, ma dopo tredici anni di carriera non sappiamo cosa possa ancora mutare di un dna ormai schematizzato e il cui destino pare ormai segnato. Full-length strettamente per amanti di Fear Factory, Soliwork, Lamb Of God e Chimaira, senza nulla di personale da aggiungere però.

 

Stefano “Thiess” Santamaria

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