Recensione: Disputes with My Ba
Band: Sechem
Etichetta:
Genere:
Folk - Viking
Anno:
2018
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
62
Nella vita di tutti i giorni spesso ci si dibatte sull’origine e sull’autenticità dei prodotti che acquistiamo ed i vari Made In, si potrebbero applicare anche al metal fuso con svariate influenze etniche.
Ecco il viking dei tunisini Ymirgar e questa ispirazione nordica attizza pure i cinesi EvilMare. Di contro, in occidente il richiamo dell’oriente si ode in gruppi come Whispered, Mongol, Ignea ed appunto nei Sechem. Nati nel 2012 a Madrid su iniziativa di Marta Sacri la band unisce il metal con musica e testi ispirati all’Antico Egitto, in uno stile da loro chiamato oriental folk metal.
Ecco il viking dei tunisini Ymirgar e questa ispirazione nordica attizza pure i cinesi EvilMare. Di contro, in occidente il richiamo dell’oriente si ode in gruppi come Whispered, Mongol, Ignea ed appunto nei Sechem. Nati nel 2012 a Madrid su iniziativa di Marta Sacri la band unisce il metal con musica e testi ispirati all’Antico Egitto, in uno stile da loro chiamato oriental folk metal.
La definizione stilistica lascia tuttavia un po’ il tempo che trova nel primo full-lenght degli spagnoli, il presente “Disputes with My Ba” (2018). Una corposa base simile a quella dei Lacuna Coil di Comalies e Karmacode è trascinata da una potente verve death melodico ed imprevedibili, numerosi inserti stilistici.
Altrettanto inaspettate e fugacissime sono le occasionali incursioni di molteplici melodie etniche, fra cui addirittura un richiamo a sonorità latino-americane in “The Doomed Prince”.
La forte personalità del caldo flauto di Marta Sacri enfatizza le melodie esotiche rivaleggiando con il growl efficace di Santi Urruela e, soprattutto, con il clean femminile di Ikena. Quest’ultima possiede un timbro gradevole, tecnicamente è apprezzabile in alcuni punti mentre nella maggioranza dei casi la sua prestazione non convince. Certe linee vocali risultano un po’ monocordi, statiche e, forse per un’incertezza di fondo, non sempre riesce a reggere l’energica, epica base. L’esempio più lampante è “Bird In A Cage”. Tendenzialmente monotono a volte lo è anche il flauto, mentre l’occasionale presenza del carismatico bouzuki di Yossi Sassi – produttore del disco – dona un effetto magico alle tracce. A tal proposito impossibile non citare l’irresistibile e scintillante refrain power metal di “An Epic Journey to Yam”, uno dei pezzi a livello compositivo migliori del disco. L’apice lo si trova però in “Sanehat”, canzone in cui l’animo sognante e quello reattivo si fondono in ottima armonia. Anche la prestazione vocale di Ikena si trova più a suo agio in queste sonorità distese, dilatate e quasi doom, vivacizzate da assoli virtuosi dall’aria neoclassica.
Pezzi come “The Shipwrecked Sailor”, “In Search of Immortality”, “Horus & Seth” presentano in sè una struttura coinvolgente nella loro epicità misteriosa, multicolore ed affascinante. “Mummify Me!” e”Rusty Nail” di contro sono i pezzi più diretti e lineari del disco, di istinto hard rock ma tutt’altro che banali.
Altrettanto inaspettate e fugacissime sono le occasionali incursioni di molteplici melodie etniche, fra cui addirittura un richiamo a sonorità latino-americane in “The Doomed Prince”.
La forte personalità del caldo flauto di Marta Sacri enfatizza le melodie esotiche rivaleggiando con il growl efficace di Santi Urruela e, soprattutto, con il clean femminile di Ikena. Quest’ultima possiede un timbro gradevole, tecnicamente è apprezzabile in alcuni punti mentre nella maggioranza dei casi la sua prestazione non convince. Certe linee vocali risultano un po’ monocordi, statiche e, forse per un’incertezza di fondo, non sempre riesce a reggere l’energica, epica base. L’esempio più lampante è “Bird In A Cage”. Tendenzialmente monotono a volte lo è anche il flauto, mentre l’occasionale presenza del carismatico bouzuki di Yossi Sassi – produttore del disco – dona un effetto magico alle tracce. A tal proposito impossibile non citare l’irresistibile e scintillante refrain power metal di “An Epic Journey to Yam”, uno dei pezzi a livello compositivo migliori del disco. L’apice lo si trova però in “Sanehat”, canzone in cui l’animo sognante e quello reattivo si fondono in ottima armonia. Anche la prestazione vocale di Ikena si trova più a suo agio in queste sonorità distese, dilatate e quasi doom, vivacizzate da assoli virtuosi dall’aria neoclassica.
Pezzi come “The Shipwrecked Sailor”, “In Search of Immortality”, “Horus & Seth” presentano in sè una struttura coinvolgente nella loro epicità misteriosa, multicolore ed affascinante. “Mummify Me!” e”Rusty Nail” di contro sono i pezzi più diretti e lineari del disco, di istinto hard rock ma tutt’altro che banali.
Con “Disputes With My Ba” i Sechem ci propongono un lavoro essenzialmente ben prodotto ed ottimamente suonato per quanto riguarda il comparto elettrico. C’è da lavorarci ancora nelle linee vocali femminili ed in quelle di flauto. Questi elementi rendono la fluidità e la qualità complessiva disomogenea, inoltre non riescono a far esprimere al meglio l’essenza della band, potenzialmente molto valida. Gli spunti multi-etnici possono far sovvenire concettualmente certe cose di “Ruins of Empires” dei canadesi Aeternam ma tuttosommato siamo di fronte ad un prodotto carino e che fa a volte scapocciare. Si attendono migliori sviluppi futuri.
Elisa “SoulMysteries” Tonini