Recensione: Dissolution of God
Il terzetto veneto degli Aprocryphal pare abbia finalmente cominciato a raccogliere i frutti dell’ottimo lavoro svolto nei nove anni di esistenza. Approdati nelle fila della Drakkar Productions e accogliendo l’ottimo Nicolò Melechetti dietro la batteria, si recano in Svezia per le registrazioni del terzo disco intitolato Dissolution of God. Il risultato è immediatamente percepito grazie ad una produzione che nonostante ricalchi alla perfezione il requisito assoluto di genere, ovvero un sound umido e debitore di un’equalizzazione che premia gli alti, permette di godere di un quadro generale nitido e sorretto da una sezione ritmica estremamente precisa.
La voce di Gianmarco Bassi non ha nulla da invidiare ai grandi nomi della scena. Non si risparmia e si getta nelle fiamme di un disco veloce, eppure mai scontato. Questo lo si deve anche al songwriting del chitarrista Fabio Poltronieri, abile nel tessere malinconiche melodie e arpeggi che offrono un valore aggiunto ad un album ispirato e che dimostra una maturità artistica in ogni singola traccia. The Snake Has Spoken è un manifesto per cambi ritmici e per la brutalità scolpita in tutte le sue forme, da mid-tempos a blast beats, da sinistri arpeggi ad aperture che delineano un’impronta che farà di sicuro la gioia di chi ama la vecchia scuola. Lo stesso dicasi per la violentissima Raab. Fantastica, vorresti non terminasse mai.
Se con i precedenti due album abbiamo accolto con favore una band interessante e in costante crescita, Dissolution of God è qui a confermare la qualità di un nome che ha tutte le carte in regola per portare il black metal italico nel cuore dei cultori del genere. Sorprendente, assordante e maledettamente vario, quest’ultimo un aspetto che reputo fondamentale quando si tratta del motivo principale dietro l’acquisto di un disco, soprattutto se di una band emergente.