Recensione: Distance
Parte un po’ zoppa questa recensione. Confesso: non sono un amante del Metalcore, non conosco nessuna delle band della prima ondata mentre di quelle della seconda (fine anni ’90 inizio 2000) conosco giusto qualche nome principale come Avenged Sevenfold, Trivium, Shadows Fall e Bullet For My Valentine, peraltro sommariamente.
Queste sonorità, che alternavano in modo deciso furia e melodia, mi erano ostiche, anche se capivo che quel periodo storico necessitava di alternative più contemporanee all’Heavy Metal di Judas Priest, Accept ed Iron Maiden ed al Thrash Metal che oggi definiamo Old School.
Con oltre 20 anni in più sulla schiena, il mio approccio alla musica non è molto cambiato … è però aumentata la mia curiosità, soprattutto quando mi si propone una prima produzione.
Degli Eyes of Noah mi ha colpito il monicker: cosa avrà visto l’uomo che “camminava con Dio” quando questi aveva deciso di salvare solo lui dallo sterminio della corrotta razza umana? Anche la cover del loro primo EP, ‘Distance’ è intrigante: un essere umano che viene inghiottito da una sorta di nuvola vaporosa ma consistente ed impenetrabile.
Ho, conseguentemente, deciso di ascoltarlo … ormai ero coinvolto, al di là del genere suonato: il Metalcore, appunto.
Beh, questi ragazzi che arrivano dalla provincia di Udine e che, nel 2019, hanno deciso di lanciarsi nell’avventura di mettere su una band, sanno il fatto loro ed hanno dato alle stampe un lavoro professionale, interessante e coinvolgente.
‘Distance’ è diviso in due capitoli, entrambi introdotti da un breve brano strumentale (rispettivamente ‘Chapter I – Singularity’, sinfonico ed avvincete e ‘Chapter II – Gravity’, elettronico e velato di mistero).
La prima parte di tre tracce è bellicosa, con i primi due pezzi (‘God’s Epitaph’ e ‘Prometheus’ – quest’ultima già uscita come singolo) fondamentalmente arrabbiati: strofe irose e decise si alternano con refrain melodici carichi di disperazione, con andature ed atmosfere che creano buone variazioni d’intensità emotiva. Anche ‘Distance’ è dominata dall’ira, ma l’angoscia è sostituita da una qual certa serenità, il pezzo cresce bene e crea un buon collegamento con il capitolo successivo.
Nella seconda parte emerge il romanticismo e la positività nella semiballad ‘Bloom’ ma gli Eyes of Noah non si placano e nel pezzo che chiude l’opera, ‘Last North’, viene ancora sfogata tanta rabbia.
Lo stile degli Eyes of Noah è contraddistinto da una distorsione tagliente e compatta, vagamente allucinogena, sostenuta da una batteria quadrata e dirompente.
I passaggi sono sofisticati e c’è cura nei dettagli, con un buon uso di orchestrazioni e parti elettroniche, che riempiono il suono delle chitarre senza però sovrastarle, ed una voce che ‘più Metalcore’ non si può: caustica nelle parti arrabbiate e decisa in quelle melodiche.
Questa recensione è azzoppata dalla mancanza di confronto: come detto, conosco poco poche band, tra l’altro appartenenti ad un’altra epoca e non conosco niente del movimento Metalcore attuale.
Però ‘Distance’ mi piace e mi ha coinvolto: basta questo per consigliarne l’ascolto.
Cosa manca? L’album di conferma, aspettiamo! Intanto ‘Distance’ è disponibile dal 15 maggio 2023.