Recensione: Disturbance
Debutto col botto per questi fottutissimi Hour of Penance!
Se quanto visto …ops… sentito, con la loro vecchia demo vi aveva impressionato in quanto a gusto e tecnica, soprattutto considerata la giovane età dei quattro italianissimi bandmates, allora poco più che adolescenti, preparatevi perché questo loro full lenght è qualcosa di mostruosamente inumano.
Tre anni di silenzio, tanto è passato dal loro primissimo Promo 2000, non sono certo pochi ma il combo durante tutto questo tempo si è dato da fare sia tra le mura della sala prove che in ambito live e i risultati si sentono eccome: una sensibile evoluzione dovuta ad un alacre lavoro di perfezionamento che li ha portati a livelli invidiabili.
La prima cosa che colpisce di questo Disturbance è infatti la maturazione artistica compiuta che li pone in maniera meritata al centro del panorama estremo nazionale: la pioggia di consensi che la band è riuscita a conquistarsi in così poco tempo è sintomatica della qualità del loro platter del quale, senza perdere altro tempo in chiacchiere, vado subito a parlare.
Der Zorn Gottes è l’angosciante intro che per prima infrange il rumoroso silenzio dell’attesa, con un’atmosfera surreale, pressoché mistica, dalla quale emergono, confuse, le parole dell’attore tedesco Klaus Kinski (personaggio caro alla band, ndA) che ottimamente si prestano a fare da preludio all’inaspettato ciclone distruttivo che segue, tenendo intanto l’ascoltatore sulle spine per alcune decine di secondi prima dell’inizio della prorompente Rise And Oppress che con un’incontenibile irruenza spazza via, senza complimento alcuno, ogni eventuale dubbio residuo. Una song trascinante, costruita su entusiasmanti giochi d’impatto sonoro, che si apre con una raffica di batteria che sembra una mitragliatrice e si disperde nell’etere lasciando ingenuamente spiazzati e indifesi sotto il fuoco incrociato delle due chitarre mentre la voce di Mike, in perfetto stile brutal, pensa al definitivo colpo di grazia: non passano neanche quattro minuti che ci si trova già stesi al suolo, esanimi, con i timpani crivellati dalle sonorità assassine sparate a folli velocità dai nostri. Ma non c’è nemmeno il tempo per riprendere conoscenza perché nel frattempo la battaglia imperversa e con Mystification As Law abbiamo una delle perla di quest’album: pure folate di rabbia controllata che sfociano in micidiali stop and go.
Un complesso disco che nonostante la pesantezza scorre velocemente durante i suoi 39 minuti grazie a canzoni molto speedy e aggressive che non lasciano neppure modo di respire. Così, tutta d’un fiato scorre anche From Hate To Suffering soprattutto per via della ritmica della batteria: un Mauro Mercurio che, mi si perdoni il gioco di parole, pare avere l’argento vivo in corpo, sciorinando una formidabile padronanza del proprio strumento. Qualche influenza quasi black sembrerebbe averla la fulminante Inhaling Disbelief che si fa notare senza dubbio per l’eccellente lavoro, come d’altronde in tutte le track, delle due affilatissime asce Enrico Schettino e Francesco De Honestis; la predominanza di influenze death/brutal è tuttavia netta e se per caso in mente vi dovesse sovvenire il nome di certi Hate Eternal oppure Nile… sappiate che non si tratta di un caso. Essi, al pari di tutti gli altri giganti della scena estrema, sono infatti annoverati nella vasta gamma di ispirazioni della band dalla quale peschiamo anche noti artisti black e ovviamente death fra i quali, inevitabilmente, anche gli stessi Death e Morbid Angel. Proprio a questi due storici gruppi, icone del death americano, sembra rendere omaggio N.E.M.A. nella quale, mentre una martellante doppia cassa non accenna a volersi fermare, Enrico e Francesco iniziano a giocare con le loro distorte sei corde, generando una song devastante. La voce ultraterrena di Michele “Mike” Viti è un pò come la ciliegina su una torta, di suo, già maledettamente gustosa: con il proprio polimorfismo il singer riesce a passare da growl cupi quanto le tonalità del suo basso a improvvise sfumature quasi screaming, aiutato da una produzione, è doveroso dirlo, impeccabile, da 10&lode, capace di esaltare nella maniera migliore ogni singolo passaggio dell’album.
Assolutamente da non tralasciare Spires, un vero concentrato di tecnica e violenza, satura di continui cambi di tempo e sincronismi mozzafiato e con un delirante assolo sullo stile degli inarrivabili Cryptopsy. Non rappresenta una sorpresa, ma casomai un piacevole riascolto, Soul Addicted, un brano già presente sul vecchio demo-cd, qui rimasto sostanzialmente invariato, vista forse la sua già allora ottima struttura: un perenne turbinio di blast beats dalla violenza sonora inaudita. Infine le due canzoni più antitetiche dell’intero lotto: la breve Dawn Of Cerberus, sparatissima, dai connotati quasi grind e l’ultima Blood Tribute con la quale si può tornare a respirare, molto calma, se così si può definire, e lunga, aperta da un ripetuto e suggestivo giro di basso che crea tutti i presupposti per un sound decisamente doom oriented, piuttosto vicino a quello dei celebri Incantation. Un episodio dove l’aggressività si trasforma in pesantezza, una pesantezza che grava su una musica massacrante e interminabile: quale finale migliore per un disco di questo tipo? Davvero bravi!
In assoluto il voto più alto mai assegnato da me …e fidatevi: c’è un perché!
Emilio “ARMiF3R” Sonno
Tracklist: 1. Der Zorn Gottes
2. Rise And Oppress
3. Mystification As Law
4. From Hate To Suffering
5. Inhaling Disbelief
6. N.E.M.A.
7. Spires
8. Soul Addicted
9. Dawn Of Cerberus
10. Blood Tribute