Recensione: Divanity
Da quell’incredibile fucina di band che è la Svezia, arriva l’album di debutto dei The Murder Of My Sweet, “Divanity”.
Freschi di formazione e con il moniker ispirato al film “Murder, My Sweet” del 1944, il quintetto non lesina certo materiale da mettere sotto i denti, dato che l’album supera l’ora di durata.
Costruiti sulla figura del batterista Daniel Flores (songwriter e produttore), gli svedesi – fautori di un heavy classico con forti componenti sinfoniche – pongono come apice edificatorio la talentusa cantante Angelica Rylin, che svolge il compito in maniera assai interessante, fondando il proprio stile più sull’interpretazione che sul virtuosisimo.
Il timbro della Rylin, infatti, è facilmente riconoscibile se ci si vuol divertire a mettere a confronto le varie femal-singer che popolano l’ambiente metal. Ciò non è da poco, perché aiuta il combo a definire con precisione il proprio marchio di fabbrica, invero forgiato anche grazie all’apporto di Flores, capace di mantenere costante il songwriting, inquadrandolo entro limiti ben marcati.
“Divanity” si dimostra di rapida comprensione, mantenendo la propria freschezza anche dopo parecchi passaggi. Peculiarità, questa, che non si riscontra altrove con grande facilità. Il groove è fresco, ricco di richiami agli elementi più classici dell’heavy, con una decisa propensione, anche, verso le sonorità più moderne.
L’idea di riferirsi al movie più sopra citato viene ben trasposta alla musica: agile e dinamica, come se, appunto, ne descrivesse le varie scene.
Spesso nella recensione di un CD si descrivono le canzioni dall’inizio: stavolta vorrei iniziare dalla fine e quindi dalla semi-suite “Death of a Movie Star”. Questa canzone riassume – oserei scrivere, “perfettamente” – il “noir” che tinge “Murder, My Sweet”. La singolarità del brano è insita in un approccio tipico dei musical di Broadway ma soprattutto (come peraltro ammesso dalla distribuzione) da un fortissimo richiamo agli storici cori di “Bohemian Rapsody” dei Queen.
A questo punto parrebbe inutile sottolineare che la melodia permea completamente “Divanity”, facendo sempre capolino nelle sue canzoni. L’esito finale mostra un indovinato equilibrio con la parte più dura dei brani, così da costruire un amalgama scevro da appesantimenti armonici. “No Evil”, “Follow The Rain” e soprattutto “Bleed Me Dry” (dal ritornello che esplode dagli speakers), giusto per tornare all’inizio del platter, ne sono una chiara dimostrazione.
Insomma, tutti i pezzi presentano una caratteristica singolare che li distingue uno dall’altro e che li rende appetitosi per l’ascoltatore (“One Bullet” o “Chemical Attraction” giusto per citarne due).
Menzione particolare per “Revolution”, a mio parere hit dal formidabile tiro commerciale che potrebbe portare i Nostri ad esser conosciuti anche nel mercato mainstream, con conseguente ricaduta – credo positiva perché in qualche modo bisogna pur vivere e mangiare – per la parte meno estrema del nostro genere.
In un periodo di inflazione del mercato discografico, quindi, finalmente qualcosa di nuovo attira l’attenzione con la propria effervescenza, vitalità ed anche originalità.
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Tracklist:
01. No Evil 4:03
02. Follow The Rain 4:39
03. Bleed Me Dry 3:17
04. Chemical Attraction 4:18
05. Kiss of Death 4:50
06. One Bullet 3:57
07. Tonight 3:03
08. Storms of the Sea 4:50
09. Destiny 3:03
10. Revolution 4:45
11. Valerie 5:21
12. Death of a Movie Star 7:21
Line-up:
Angelica Rylin, vocals
Daniel Palmqvist, guitars
Johan Niemann, bass
Andreas Lindahl, keyboards
Daniel Flores, drums