Recensione: Divine Invitation
Sarebbe un errore considerare questo “Divine Invitation” una sorta di “best of” dei finlandesi Altaria. Le ragioni sono molteplici e vengono chiarite dalla stessa band, che di fronte alle richieste dei fans dei primi due lavori ormai sold out (“Invitation” del 2003 e “Divinity” del 2004), ha deciso di raccogliere in questo CD ben 10 canzoni estrapolate dai platter appena citati, includendo due nuove tracce che hanno l’onore di presentare il nuovo cantante Marco Luponero (ex Terrorwheel) oltre a 7 bonus tracks contenute nei demo “Sleeping Visions” del 2001 e “Feed the Fire” del 2002. Che non si tratti di una sorta di selezione del meglio della produzione targata Altaria è dimostrato inoltre dall’assenza di qualsiasi riferimento al terzo album “The Fallen Empire”. Quello che voglio subito chiarire è che al di là dell’aspetto puramente commerciale, faccio fatica a capire le ragioni di un’operazione di questo tipo.
Seguo gli Altaria sin dagli esordi, incuriosito dalla presenza nella line up di Jani Liimatainen (Sonata Arctica) e di Emppu Vuorinen (Nightwish), ma già allora dovetti riconoscere che il loro apporto, abbastanza mediocre, non fu tale da farmi appassionare più di tanto ad un gruppo che mi diede l’impressione di essersi limitato a svolgere il compitino offrendo una prova abbastanza fredda e scialba, con canzoni concepite secondo i più classici e convenzionali stilemi power con spruzzate di hard rock melodico tipicamente svedese che riuscirono a colpirmi solo negativamente. Oggi i due su menzionati musicisti non fanno più parte della band, e non so fino a che punto sia un male: preferisco infatti dare una chance ad un gruppo che non annovera grandi nomi ma che dimostra quantomeno devozione al progetto, cosa che ai miei occhi mancava nei precedenti lavori.
Quello che proprio non digerisco di questo CD è la preoccupante carenza di idee che genera un songwriting insipido e svogliato, carente di qualsiasi spunto che possa attirare l’attenzione su di sé. Le canzoni scivolano via senza alcun sussulto, anzi il pericolo di essere sopraffatti dalla noia è sempre costantemente dietro l’angolo; gli schemi compositivi abbastanza canonici inoltre non lasciano spazio ad improvvisazioni di alcun genere, per cui ogni singola traccia appare troppo simile all’altra senza che la band dimostri quantomeno l’intenzione di osare quel qualcosa in più per scongiurare il rischio di apparire banali e didascalici. Nonostante i ripetuti ascolti, e tenendo presente che la maggior parte delle canzoni non mi erano sconosciute, ancora oggi fatico a ricordare una melodia, un assolo, una ritmica che mi abbia colpito. Certamente il lavoro nel suo complesso è impeccabile sotto l’aspetto della produzione e degli arrangiamenti, molto curati e professionali secondo tradizione del power finnico, e anche le doti esecutive dei singoli membri sono apprezzabili. Il punto debole come detto è la creatività, che si badi bene, è cosa diversa dall’originalità: si può essere creativi pur non inventando nulla, ma gli Altaria sono piuttosto lontani dal far proprio questo semplice assioma. Marko Pukkila, il leader della combo nordico, inoltre sembra abbastanza sfortunato per quanto riguarda la scelta dei cantanti: ne ha cambiati 4 (tra questi inserisco anche Johan Mattjus presente nel primo demo) ma finora nessuno di loro, compresso il neo assunto Luponero, ha saputo sfoderare una prova convincente e ispirata. Non mi aspetto necessariamente prestazioni particolarmente accattivanti o ugole dalla estensione di 4 ottave o superiori, ma un minimo di personalità, di sentimento, di gusto interpretativo lo pretendo: negli Altaria, anche in quelli odierni, tutto questo manca e dispiace dover esprimere giudizi così netti ma il mio ruolo mi impone di esprimere giudizi quanto più possibile oggettivi.
Tra i brani da segnalare ci sono, per ovvie ragioni, i due inediti Keeper of Mystique e Ball & Chain, che mettono in evidenza un singer che si discosta dal cantato di Taage Laiho e si avvicina invece alla timbrica più ruvida del primo frontman Jouni Nikula. La sua voce non mi sembra adattissima per il genere degli Altaria, la ritengo più adatta a sonorità più spiccatamente hard rock. Musicalmente la tracce non presentano grosse differenze rispetto alla produzione precedente: la prima canzone può essere considerata un power melodico non eccessivamente veloce con un chorus abbastanza orecchiabile ma banale, mentre la seconda è più orientata verso lidi hard rock ottantiani che richiamano alla mente i Whitesnake. Oltre a queste segnalo l’opener Fire & Ice e soprattutto Unchain The Rain, a mio avviso l’episodio più riuscito di tutta la loro discografia. Sulle altre tracce preferisco sorvolare anche perché già ampiamente analizzate a suo tempo.
Come gli stessi Altaria hanno dichiarato, il CD deve essere considerato un omaggio (!) ai fans della band che probabilmente riterranno interessante questa operazione commerciale, gli altri farebbero bene a riflettere attentamente se non sia il caso di destinare i propri risparmi verso produzioni più allettanti.
Tracklist:
Fire & Ice
Unchain The Rain
Darkned Highlight
History Of Times To Come
Try To Remember
Unicorn
Prophet Of Pestilence
Ravenwing
Innocent
Final Warning
Keeper Of Mystique
Ball & Chain
Bonus Tracks:
Fire & Ice (demo 2001)
Innocent (demo 2001)
Kingdom Of The Night (demo 2001)
Unicorn (demo 2002)
History Of Times To Come (demo 2002)
Immortal Disorder (demo 2002)
Emerald Eye (demo 2002)