Recensione: Diving For Pearls [reissue]
I Diving For Pearls si formavano a New York nel 1988 ad opera del cantante dei Boston Danny Malone, del tastierista Jack Moran, e del chitarrista Yul Vasquez (già negli Urgent), traendo ispirazione per il curioso monicker da una frase in una vecchia canzone di Elvis Costello, e senza dare troppo adito alle connotazioni gay che il nome avrebbe potuto suggerire, e che puntualmente si scatenarono all’indomani dell’uscita del debut.
La lineup si completava con il batterista Peter Clemente, anche lui già addentro la scena Hard Rock newyorkese per aver militato in una Boston-like band con l’ex Plasmatics Jean Beauvoir, e con il bassista David Weeks, che raggiunse gli altri dopo un’estenuante ricerca dalla quale risultò inadatto addirittura Phil Feit dei Riot!
Fu la Epic Records ad accaparrarsi il nuovo act, e con tutte le cautele del caso (l’AOR stava ormai tramontando) mise a disposizione dei nostri un budget di ventimila dollari (raccontate agli emergenti di oggi che si tratta di una cifra cautelativa, e vi prenderanno a male parole!) per registrare un demo dei loro pezzi migliori da selezionare successivamente per un full length.
Così nacque “Diving For Pearls”, prodotto da quel David Prater che avrebbe lavorato con i Firehouse e e i Night Ranger, e che avrebbe fatto il cosidetto “botto” con “Images And Words” e “Change Of Seasons” dei Dream Theater.
L’AOR di chiara influenza Boston dei Diving For Pearls, spogliato di quasi tutte le elettrificazioni e sintetizzazioni, fece subito breccia nei cuori dei fan europei, tanto che il magazine Kerrang! lo decretò disco dell’anno nel 1989… Con la genuinità dei suoi brani il disco seppe infiammare senza la necessità di ricorrere a specchietti per le allodole come look particolari, trovate mediatiche o quant’altro, ma la mancanza di uno studio d’immagine e in generale di un management a trecentosessanta gradi sono additare principalmente alla titubanza con cui la Epic soprattutto negli States affrontò la promozione dell’album.
Eppure un’opener come “Gimme Your Good Lovin'”, con il suo pomp rock d’assalto, lascia ben poco spazio alle discussioni, e assieme all’altra hit, “I Close My Eyes”, affianca i Diving For Pearls a mostri sacri affermati come Night Ranger e Bad English. Di assoluta eccellenza anche gli episodi più introspettivi, “New Moon”, “Have You Forgotten?” e “I Don’t Want To Cry”, anche se personalmente preferisco gli episodi up-tempo, come la journeyana “Never On Monday”, o “You’re All I Know”, di matrice Def Leppard.
La band, come tantissime altre contemporanee, finì per diventare la classica meteora e – quasi di conseguenza – una delle più amate cult band del genere, salvo ripresentarsi lo scorso anno con un come-back dal titolo “Texas”, che non ha avuto pressoché alcuna risonanza mediatica.
I meriti, dunque, vanno ancora una volta alla reissue della Rock Candy, che aggiunge al remaster della tracklist originale ben cinque bonus track, tra le quali spicca la cover di “Dear Prudence” dei The Beatles, oltre a quattro registrazioni live dei brani più rappresentativi. Non mancano le note autobiografiche, foto d’epoca e memorabilia vari, per la felicità di ogni collezionista che passa le proprie giornate a nuotare nell’oceano virtuale in cerca di “perle” come questa.
Tracklist:
- Gimme Your Good Lovin
- Have You Forgotten
- I Close My Eyes
- New Moon
- Never On Monday
- You’re All I Know
- Mystery To Me
- I Don’t Want To Cry
- Keep Your Love Alive
- The Girl Can’t Stop It
- Dear Prudence (demo bonus track)
- I Close My Eyes (live bonus track)
- Gimme Your Good Lovin (live bonus track)
- The Girl Can’t Stop It (live bonus track)
- She Sells Sanctuary (live bonus track)