Recensione: Doctrine

Di Daniele D'Adamo - 25 Aprile 2011 - 0:00
Doctrine
Band: Pestilence
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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58

La trasmutazione da seminale thrash band ‘ottantiana’ a eterea forma di evoluzione musicale massima sembrerebbe aver avuto compimento, in casa Pestilence. “Doctrine” è il sesto capitolo di una progressione inarrestabile, che ha trascinato gli olandesi in uno stato dell’esistenza in cui la rarefazione è massima, se si prende a riferimento come metro di paragone l’abilità strumentale di ciascun singolo elemento prima, e dell’intero ensemble poi.

“Doctrine” è un ‘semi-concept album’, nel senso che il tema principale (l’oppressione politica e religiosa) è quello di ciascuna canzone, senza essere con ciò il motivo legante del full-length. Ogni storia è a sé, nel rispetto del comune denominatore: l’imposizione dottrinale e le sue conseguenze sulla società degli Uomini. Questo sistema di composizione dei testi non è nuovo, e già si è incontrata durante la lunga storia del gruppo di Enschede (“Consuming Impulse”, per esempio, 1989).

L’ottima preparazione tecnica di Patrick Mameli e dei suoi compagni, teoricamente senza limite alcuno se si scorre la loro discografia da “Malleus Maleficarum” (1988) sino a “Resurrection Macabre” (2006), ha portato, quindi, alla realizzazione di “Doctrine”, caratterizzato in primis da un elevato (comunque non ‘ultra’) grado di tecnica strumentale applicata al metal estremo. Lo stile fissato dai Nostri, paradossalmente, non è così riconoscibile al primo ascolto nonostante le innumerevoli anzi infinite iniezioni di tutto quanto, di extra-metal, possa essere trasformato in metal e quindi in death. Il tempo passa, e nuove generazioni hanno trasformato questo genere nella palestra principale ove dimostrare la perfetta conoscenza dei loro strumenti.
A mio parere, a salvare il combo dell’Overijssel da un imprevedibile anonimato ci pensa, alla fine, Mameli. La sua interpretazione o si ama o si odia. Va bene. Alcuni considerano Patrick, poi, uno dei peggiori vocalist death oggi sulla scena. Va bene anche questo. Prescindendo da queste considerazioni, con il suo modo di cantare semi-scream, cioè, che, invece di darsi all’‘inhale’, rimanda a coloro (Jeff Becerra, Possessed, “Beyond The Gates”, 1986; David Vincent, Morbid Angel, “Altar Of Madness”, 1989) che forarono fra i primi la membrana, in allora matura, che separava il Mondo del thrash, già formatosi, da quello, ancora primordiale, del death; con questo modo di cantare, appunto, se non altro Mameli colora un po’ le complesse tessiture armoniche, sennò troppo grigie. Colore che, stavolta, con efficacia, scurisce nell’identificare l’umore di “Doctrine”. Come introduce perfettamente l’agghiacciante “The Predication” il disco è segnato da tinte cupe e rabbiose (“Dissolve”) forse indicative, negli intenti, dello stato d’animo di coloro che, dei precetti dottrinali, ne sono vittima.

Temo a questo punto che le note positive, per quanto riguarda “Doctrine”, siano terminate. Sì, perché si materializzano due elementi che non dovrebbero nemmeno esistere, in un’opera d’arte: la consapevolezza che la tecnica non è al servizio dell’arte ma solo mero esercizio teorico a sé stante e, di conseguenza, la noia. Una noia pari alla bravura tecnica Jeroen Paul Thesseling, per esempio, ricamatore di folli linee di basso che però, dal punto di vista artistico, non portano a nulla. Come del resto il guitarwork di Mameli e Uterwijk, tanto sterminato quanto poco efficace: difficile che rimanga in testa anche un solo riff prodotto dalla coppia d’ascia a parte, forse, “Salvation”. Inspiegabile il suono del rullante di Yuma Van Eekelen, tutto fuorché potente come dovrebbe. Con che, l’abusata accoppiata riff lento/blast beats (“Amgod”) produce una sensazione di staticità che, temo, sia l’esatto opposto di quello che si vorrebbe ottenere. Difficile, oltre alla già menzionata “Salvation”, citare altri episodi esteticamente interessanti: tutto si perde inesorabilmente nel fitto polverone alzato dalle complicate scale musicali, e quindi dagli astrusi accordi e tediose melodie che da esse ne derivano. Sospettosa, infine, la durata in pratica uguale delle varie song, che fa pensare a un’artificiosità completa anche nel songwriting.

Con ciò, non rimane che finire osservando “Doctrine” come una dimostrazione di quando la tecnica strumentale non serve a nulla, se alla base non c’è – anche – una fervida fantasia compositiva. Il death metal non può essere solo meta di voli pindarici, ma deve essere anche concreto, dinamico, aggressivo e potente. Con il loro approccio esageratamente teorico credo che, stavolta, i Pestilence abbiano sbagliato obiettivo.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. The Predication 2:00
2. Amgod 3:33
3. Doctrine 3:07
4. Salvation 3:39
5. Dissolve 3:39
6. Absolution 3:37
7. Sinister 3:57
8. Divinity 4:05
9. Deception 3:57
10. Malignant 3:49
11. Confusion 3:54               

All tracks 39 min. ca.

Line-up:
Patrick Mameli – Vocals, Guitars
Patrick Uterwijk – Guitar
Jeroen Paul Thesseling – Bass
Yuma Van Eekelen – Drums
 

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