Recensione: Don’t Say A Word

Di Paolo Beretta - 24 Settembre 2004 - 0:00
Don’t Say A Word
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Anno: 2004
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65

Solitamente non sono molto propenso a comprare singoli ma, devo ammettere, questa volta non ho resistito. Volevo tastare un assaggino di quel che potrebbe essere il sound del nuovo cd dei Sonata Arctica in imminente uscita a ottobre. Fino all’ultimo tuttavia non ero troppo convinto della spesa (8 euro) ma a fugare i miei residui dubbi ci ha pensato la copertina veramente ben fatta e “nordica” caratterizzata da due occhioni blu sullo sfondo e da un paio di lupetti con la luna splendente nel cielo (retro).

Il singolo, della durata di quasi 18 minuti, comprende 4 canzoni. Due dei nostri eroi scandinavi e due cover. Ritengo giusto soffermarmi maggiormente sulle prime.
La title track è un mid tempo travolgente. Nessuna innovazione, sia ben chiaro, ma tanta forza e melodie scorrevoli e vincenti. Kakko alterna linee vocali alte ad altre più basse e penetranti. Il riffing segue come un ombra il singer mostrando i denti a tratti prima di nascondersi tra le tastiere dell’ottimo Henrik Klingenberg e le scale del solito Jani. Una canzone che definerei “da Live” molto bella e immediata. Il secondo pezzo intitolato Ain’t Your Fairytale propone uno speed metal più incalzante che lancia un chorus lungo e curatissimo. Non ci sono pause tra backing vocals e sezione ritmica serrata prima del break che rompe la Hit portando un po’ di calma. Il finale invece è caratterizzato da solo zuccherini e fulminei in inesorabile crescendo che chiudono il cerchio.
Segue la prima cover. E’ di Martin Gore, mente dei Depeche Mode, e si intitola World In My Eyes. L’elettronica si fa sentire anche in questa versione molto particolare e cupa per sonorità che mi ha rapito soprattutto nel riffing. Da sottolineare ed elogiare la buona prestazione di Tony. L’ultimo brano che i Sonata ci propongono è un pezzo dei Vanishing Point (gruppo che nel 2002 avevo visto all’opera a Cesena al seguito dei finnici e dei Raggi Gamma). La song (Two Minds, One Soul) dalla struttura assolutamente lineare e “facile” è estremamente godibile. Sebbene non proponga nulla di nuovo mi ha fatto venire voglia di approfondire l’argomento su questa band che mi aveva lasciato indifferente al concerto sopracitato.

In definitiva Don’t Say A Word mi è piaciuto. Come ogni singolo non ci può far capire cosa ci dovremo aspettare dal full length ma credo che ascolterò queste quattro canzoni sempre con piacere. Non indispensabile ma se siete fan “malati” e “collezionisti” e avete 8 euro che vi avanzano…

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