Recensione: Doom, Gloom, Heartache & Whiskey
Immaginate la scena.
Il tipico locale di periferia. Una clientela composta principalmente da bikers e centauri, immersi in chiacchiere su motori, donne e birra.
Sul palco un immancabile gruppo di musicisti intenti a riversare dagli amplificatori la classica miscela di hard rock, grezzo, ruvido ed “ignorante” (in senso buono!), ideale per l’occasione.
Quei musicisti, indicatissimi in un contesto simile, potrebbero essere senza troppi problemi i simpatici Viking Skull.
Giunto al terzo album in carriera e fresco di contratto con la neonata Powerage Records, il quartetto anglo-americano non fa particolari misteri al riguardo di spirito ed influenze.
Hard rock verace e ritmico, mai troppo fulmineo ed urgente che ha nei Motorhead prima di tutto, ma pure in Ac/Dc, Thin Lizzy, e Black Sabbath alcuni punti di contatto espliciti e dichiarati, senza lasciare da parte una vena gustosamente stoner (Orange Goblin), pronta a manifestarsi di tanto in tanto nelle cadenze e nei suoni delle chitarre, sempre, perennemente, down tuned.
Non sono degli esteti, ma sono davvero divertenti.
Definizione più azzeccata non potrebbe esistere per descrivere il grintoso Roddy Stone e la proposta del suo nucleo di compari.
Conciso e privo di qualsivoglia elucubrazione, il possente hard rock dei Viking Skull non è scritto e composto per cambiare alcunché, eppure scorre senza intoppi, si lascia ascoltare con piacere ed ha l’effetto rinfrescante di una magnifica birra cruda.
Sapori forti ed immagini “rustiche”, stradaiole e per nulla prosaiche, messi in luce da testi che non si pongono grandi interrogativi esistenziali, ma prediligono argomenti più terreni, (grasse bevute e sontuose scazzottate) e scivolano via in uno schioccar di dita, disposti lungo una tracklist dal minutaggio limitato e stringatissimo, ulteriore dimostrazione di uno spirito smaccatamente rock n’ roll.
Schietti e genuini, i brani poggiano immancabilmente su due fattori fondamentali. La voce sgraziata e “catarrosa” del singer Roddy Stone e le ritmiche di chitarra dello stesso Stone e del sodale Dom.
Scavate nella roccia, al limite dello stoner, canzoni come “Double Or Quits”, “Start a War”, “In For The Kill” e “19 Swords”, sono l’emblema di un songwriting semplice e all’apparenza disadorno, condito però da indubitabili maestria e sicurezza, pronte a dimostrare che i Viking Skull costruiscono il proprio sound in maniera consapevole, rigorosa e non certo legata all’improvvisazione.
Solo trentasette minuti (a cui va tolta la durata della conclusiva “Drink”, poco più di uno scherzo, registrato in acustico) per un album comunque simpatico e riuscito, ancora una volta testimone del classico dilemma legato a band di questo tipo. Non necessarie, simili a mille altre, tuttavia spassose e capaci di farsi apprezzare, a volte, più di tanti altri professionisti eccessivamente focalizzati sulla ricerca del colpo a sensazione.
Sostanza e pochi fronzoli. Una boccata d’ossigeno per il cervello!
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Tracklist:
01. Start a War
02. Doom Gloom Heartache & Whiskey
03. In Hell
04. Hair of the Dog
05. Shot Down
06. Double or Quits
07. In for the Kill
08. 19 Swords
09. Drink
Line Up:
Roddy Stone – Voce / Chitarra
Jess Margera – Batteria
Waldie – Basso
Dom – Chitarra