Recensione: Doomsday Machine
Ecco gli Arch Enemy al loro ottavo album; il terzo con la Gossow, per la precisione. Fino ad oggi ci sono state diverse battaglie tra i sostenitori di Joahn e quelli di Angela: c’è chi dice che la band produceva dischi migliori ai tempi del primo cantante e chi ama la violenza vocale (e per una donna non è poco) della Gossow. Da qualunque parte stiate, non credo che faticherete ad ammettere che “Doomsday Machine” non è un album particolarmente brillante, nonostante sia guarnito di riff pesanti e assolo tecnici che si convengono ad una Melodic Death Metal band capeggiata da uno dei migliori Guitar Hero attivo nel campo Metal. Altro punto della questione ancora in sospeso è il growl/scream della bella cantante, davvero apprezzabile nei live per potenza e cattiveria, ma che fa storcere il naso quando lo si ascolta dal proprio CD: voce modificata elettronicamente? Molti sono stati gli attacchi e altrettante le smentite, ma palesemente – almeno in studio – la death voice non è certo opera sua.
L’album
“Doomsday Machine”, come ormai avrete ampiamente avuto modo di appurare, non è all’altezza dei predecessori “Wages Of Sin” e “Anthems Of Rebellion”, sia per una lieve mancanza di idee sia per le sonorità che nei precedenti album sono più pesanti e volte al Death.
Nonostante tutto ci sono comunque dei punti alti nell’album, che possiamo già trovare nell’opener “Enter The Machine”, una canzone strumentale possente e ben strutturata accompagnata da un assolo non troppo esagerato e adatto al ritmo piuttosto lento della base. La definizione di “violenza musicale” la possiamo ritrovare solo in “Nemesis” e in “Machtkampf”, due track dal ritmo sostenutissimo e da riff pesanti e cattivi, da ritornelli di bellezza sconvolgente e da assoli di altissimo tasso tecnico, il tutto accompagnato da una voce, ahimè, male impostata ed evidentemente frutto di un accurato lavoro al computer. Lavoro che rovina una delle canzoni più belle (strumentalmente parlando) dell’album: “Carry The Cross”, che è infatti protagonista (soprattutto nelle strofe) di un growl davvero irritante che non esiterei a definire ai limiti del ridicolo.
Stendendo definitivamente un velo pietoso sulla questione voce, nella quarta “My Apocalypse” troviamo l’uso di particolari atmosfere che rendono la canzone oscura, pesante ma diretta, caratterizzata però da un refrain poco incisivo. Alla fin della fiera per chi recensisce, le canzoni più belle dell’album sono le due strumentali “Enter The Machine” e “Hybrids Of Steel”, davvero ispirate e che fanno venire voglia di ascoltarle all’infinito. Di riff interessanti comunque ce ne sono, come nella seconda track “Taking Back My Soul” e nella settima “Skeleton Dance”, forse le canzoni che si fanno ascoltare di più dopo le due già citate, carenti comunque di quel qualcosa che ai tempi d’oro degli Arch Enemy rendeva l’album di elevata qualità.
Insomma, questo “Doomsday Machine” non entrerà nella storia del Melo Death come uno dei migliori album, vuoi per un songwriting poco più che sufficiente, vuoi per una voce che decisamente non convince. Eppure Michael e Christopher possono, hanno le capacità e lo hanno dimostrato ampiamente nei precedenti album. Eppure questo album non rende loro giustizia. Allora perchè? Perchè sfornare un disco con così poco mordente?
Noi speriamo che sia solo un momento passeggero, sognando (e ascoltando) gli Arch Enemy dei bei tempi andati. Vi lascio dando a quest’album una (misera) sufficienza piena e consigliandovi di spendere soldi su album che valgono di più.
Luca Dei Rossi
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Tracklist:
• Enter the Machine – 2:02
• Taking Back My Soul – 4:35
• Nemesis – 4:12
• My Apocalypse – 5:25
• Carry the Cross – 4:12
• I Am Legend / Out for Blood – 4:58
• Skeleton Dance – 4:33
• Hybrids of Steel – 3:49
• Mechanic God Creation – 5:59
• Machtkampf – 4:16
• Slaves of Yesterday – 5:01