Recensione: Down in The Dark
Correva il 1994, i Running Wild avevano ormai pubblicato da due anni “Pile of Skulls”, altro album degno della loro lunga carriera, quando i nostri fecero uscire quel capolavoro di “Black Hand Inn”.
Tirate un sospiro e … “Bazinga!” o “Arrr” come direbbe Sheldon Cooper di The Big Bang Theory o il Capitano McAllister dei Simpson; la burla è stata servita su un piatto d’oro.
È l’anno 2017 e i Blazon Stone, soprannominati i Running Wild 2.0, si accingono a far uscire “Down in The Dark”, seguito o no, questo lo deciderete voi, di quel “Black Hand Inn” citato pocanzi. A mio parere si potrebbe parlare di seguito, visto che i nostri pirati preferiti (RW) non produrranno più album degni della loro fama (anche qui qualcuno potrebbe confutare la mia tesi). Saranno i Blazon Stone, nome preso dall’album omonimo dei Running Wild uscito nel 1991, a raccogliere l’eredità e a tramandarla a generazioni di giovani ragazzi che non hanno vissuto il metal degli anni 80. I Blazon Stone, gruppo svedese, suonano identici al gruppo tedesco, hanno le stesse tematiche piratesche e a dirla tutta anche le copertine si assomigliano parecchio (l’unica cosa che non hanno copiato è l’essere tedeschi). I due gruppi sono la perfetta colonna sonora da accompagnare a “L’isola del tesoro” di R.L. Stevenson.
Erik Forsberg, secondo cantante della band svedese, ha un’ugola e timbrica molto più simile a Rolf Kasparek, in arte Rock ‘n’ Rolf, che il suo predecessore, Erik Nordkvist, presente soltanto su “Return to Port Royal”, primo disco della band e naturale prosecuzione di “Port Royal” del ’88 dei RW. Musicalmente cosa cambia rispetto al “gemello” tedesco? Assolutamente niente, perché come già anticipato, la carriera della band svedese è una prosecuzione del lavoro compositivo di Rock ‘n’ Rolf e quindi hanno la stessa velocità, stessa carica nel raccontare storie di pirati, stessa tipologia di assoli. Questo non va visto come una cosa negativa, perché mancava una band che continuasse l’eredità del combo tedesco; detto più semplicemente, qui c’è sostanza, cosa che invece mancavo in molte band che hanno provato a raccoglierne l’eredità. Tra questi, mi vengono in mente gli Alestorm, versione scanzonata e piratesca in stile Turisas e Korpiklaani, che però facevano folk metal e non power metal.
Prendete canzoni come “Eagle Warriors” o “Down in The Dark”, tra le migliori di questa uscita della combo svedese, e vi sembrerà di essere su una nave in mezzo al mare, a bere birra e pronti per un assalto ad una nave britannica. Musicalmente hanno ha le caratteristiche perfette per il pezzo piratesco: uno speed-power che usa la doppia cassa, rif furiosi di chitarra e l’uso di alcune caratteristiche folk. L’intro “Into Vicory” potrebbe battere qualsiasi intro dei RW ed è la perfetta introduzione a questo album. “Hang Down and Quartered” (semplice omonimia con la stessa canzone dei Cancer) è un altro brano molto ispirato, come lo sono anche “Tavern of The Damned” e “Merciless Pirate King”, con quest’ultima che vi farà venire voglia di cantare a squarciagola il ritornello.
Senza stare a descrivere gli altri brani, che seguono il canovaccio descritto sopra e per l’appunto non si discostano di molto, pur restando molto valide, consiglio questo platter a tutti i fan dei RW, a chi ama tematiche piratesche e a chi non ha paura che la combo svedese possa essere bollata come pura imitatrice, dai suoi detrattori.
Prendete del Rum, iniziate a cantare “Quindici uomini sulla cassa del morto, Yo-ho-ho, e una bottiglia di rum per conforto!”. Una volta finito, ascoltatevi “Down in The Dark” e il gioco sarà fatto. Peccato solo che questo album sarà il penultimo della carriera di Forsberg e soci (attualmente la band è on hold).
Luca Recordati