Recensione: Down to Earth
R.J.Dio e R.Blackmore diventano incompatibili e non condividono le idée sulla rotta che il gruppo deve intraprendere, ma essendo i Rainbow una creatura del chitarrista inglese, è lui ad avere l’ultima parola ed è così che Dio (seguito dal bassista e dal tastierista) lascia la band e si unisce ai Black Sabbath.
Al posto dei licenziati vediamo affluire nell’arcobaleno nientemeno che Roger Glover (che con Blackmore ha sempre avuto ottimi rapporti, anche fuori dai Purple) al basso, Don Airey alle tastiere e Graham Bonnett alla voce. Il cambiamento di coordinate musicali è subito assai evidente, il suono del gruppo si fa meno epico e più immediato, fluido e orecchiabile, pronto per il mercato americano. La voce di Bonnett è incredibilmente particolare ed originale, molto bella ed adatta a cantare sia brani sdolcinati che pezzi più aggressivi o addirittura blues.
La produzione dell’album (curata da Glover) è pulita e leccata, i suoni sono perfetti e quindi non si possono fare appunti a questo aspetto del disco. Per quanto riguarda i brani, “All night long”, che apre il disco, è un rock’n’roll melodico, diretto e di grande orecchiabilità, tanto da diventare un brano leggendario ed adattissimo a scaldare il pubblico nei concerti; “Eyes of the world” è in un certo senso un legame col passato epico del gruppo in cui l’atmosfera si fa drammatica e l’incedere del brano travolge ogni cosa con la sua monumentalità; molto bella è anche “Makin’love” dalla chitarra veramente pulita e precisa; “Love’s no friend” è un altro punto cruciale dell’album, è un blues rock molto caldo e coinvolgente, pensato per una dimensione concertistica che possa avvicinarlo a “Mistreated”; l’ultimo pezzo che voglio citare (ma tutti meritano) è “Lost in Hollywood” in cui i Rainbow si ricordano di avere Cozy Powell alla batteria ed allora accelerano e ci regalano una prestazione meno da classifica ma più incisiva dal punto di vista dell’impatto sonoro.
“Down to Earth” rappresenta nella storia dei Rainbow un album di transizione, con una formazione di transizione (che infatti verrà immediatamente rimaneggiata) che permette a R.H.Blackmore di prepararsi al rock melodico ed agli Usa.
Il risultato musicale raggiunto è comunque molto alto a conferma del fatto che buoni musicisti difficilmente sbagliano il colpo.