Recensione: Döth-Derniàlh

Di Alessandro Rinaldi - 20 Settembre 2024 - 0:18
Do​̈​th​-​Derni​à​lh
Band: Esoctrilihum
Genere: Black 
Anno: 2024
Nazione:
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Dietro al progetto Esoctrilihum c’è il talento del polistrumentista francese Asthâghul, uno dei più validi e prolifici artisti della nostra contemporaneità: in attivo dal 2016, ha pubblicato ben 11 dischi, opere spesso davvero molto complesse tanto nella composizione quanto nello spirito che le anima. Lo avevamo lasciato con ĄSŦRÅÅL ƇOƝSŦELLĄŦIOƝS OF ŦHE ṂAJÏϹKĄĿ ȤOĐIĄϹ, un full-length pantagruelico, estroso, a tratti barocco, capace di irretire l’ascoltatore per oltre due ore tra black metal ed effetti cosmici.

L’artwork di Do​̈​th​-​Derni​à​lh, è opera di Asthâghul e Francesco Gemelli: un disegno perfettamente simmetrico, in cui appaiono creature diaboliche con la presenza di alcune raffigurazioni che, per pareidolia, riportano alla mente simboli dei racconti lovecraftiani. Do​̈​th​-​Derni​à​lh è composto da sette canzoni per una durata complessiva di poco più di 80 minuti, lasciando spazio, quindi, a brani di una durata superiore alla media e restando complessivamente fedele al suo cosmic black metal con delle opportune quanto azzeccate differenze rispetto al suo predecessore: maggior risalto per gli strumenti elettrici che, comunque, sono accorpati alle tastiere, e dando una dimensione più cosmica e generando un sound più avanguardistico e meno ambient. Altro aspetto da evidenziare per i nostri lettori è l’uso della chitarra a dodici corde e, soprattutto, della nyckelharpa, uno strumento musicale ad arco della tradizione svedese.

Il nostro viaggio galattico, inizia con l’arpeggio di Atüs Liberüs, che lancia l’ascoltatore dentro una nebulosa di emozioni, a volte quiete, altre burrascose, condite da una voce più curata rispetto ai precedenti lavori: un’opera complessa, che rappresenta, nei suoi quasi 11 minuti, il genio compositivo di questo artista francese. L’incipit di Turiälh ha tinte dark anni ’80, per poi crescere: il blast beat è un’esplosione galattica, aspramente armonica, e il finale in perfetto stile Esoctrilihum. Dy’th Eternalhys (The Mortuary Renewal) ha un attacco selvaggio che ben presto diventa oscurità, gettando l’ascoltatore nel più totale oblio, in una arrendevole disperazione, come quella che può provare un’astronauta disperso nello Spazio. Lüthirkys Spasmuldis (Near Death Experience) è gianesco: la prima faccia, quella buona, è un delizioso riff acustico, molto semplice ed evocativo, in cui il cantato segue il sentiero della musica; l’altra è quella malvagia, oscura e profonda, che ti lascia senza respiro per la violenza che è in grado di esprimere. Una profonda malinconia stellare è quella che anima Zilthuryth (Void of Zeraphaël), un brano delicato la cui composizione ricorda molto il precedente disco: un momento di grande quiete introspettiva, che dimostra, ancora una volta, le capacità compositive di questo artista poliedrico. Murzaithas (Celestial Voices) mantiene una dimensione intima, simile al precedente pezzo, con sonorità più dure e glaciali: è un crescendo di musica, con un bellissimo finale sfumato. Chiude Özhirialh (The Mystical Radiance Of The Eternal Path), dalle sonorità lovecraftianamente spirituali, una struttura che lascia intravedere le abilità acustiche di Asthâghul, in cui si dà spazio anche al cantato clean: è come una tavolozza dei colori di un pittore, un insieme di suoni ed emozioni diverse, amalgamate che restano dentro.

La prima, grande differenza rispetto al precedente ĄSŦRÅÅL ƇOƝSŦELLĄŦIOƝS OF ŦHE ṂAJÏϹKĄĿ ȤOĐIĄϹ, è la durata più contenuta, che comunque resta sempre ragguardevole per gli standard del genere: questo aspetto contribuisce ad un facile e reiterato ascolto, che contribuirà all’analisi e al raggiungimento dell’orgasmo musicale che provocherà questo disco.

Già, perché Döth-Derniàlh è un gran disco. E spesso, come con un patto col Diavolo, sono i dettagli a fare la differenza. Focalizziamoci ad esempio sulle prime due canzoni, in cui si fa un continuo riferimento delle voci nella testa del protagonista: questo messaggio viene tradotto in musica, con l’utilizzo di effetti eco più o meno intensi. Oppure lo spazio dedicato alla chitarra a dodici corde o della nyckelharpa, che all’apparenza potrebbero sembrare ben lontani dall’ésprit che anima l’opera di Asthâghul: il suo genio sta proprio nell’amalgamarli e contestualizzarli, plasmarli a proprio piacimento per la finalità prefissa nella sua mente. Così come la capacità di fondere l’Uno, ovvero l’Io, con la Moltitudine, cioè l’Universo e il riferimento ad una delle sette leggi universali di Ermete Trismegisto, ovvero “come in alto, così in basso” – spesso riciclata da diversi occultisti.

Asthâghul è un genio, e come ogni genio è un precursore visionario, un elemento di rottura con la contemporaneità che non riesce a comprenderne fino in fondo l’incommensurabile talento. Ed è un peccato che ancora non abbia raggiunto la fama che merita.

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