Recensione: Drain
Su questa band finlandese si sono spese parecchie parole, soprattutto considerato che si tratta di un gruppo dedito con fedeltà al Grindcore; non quello “a punte arrotondate” di molti acts recenti, ma quello arrabbiato che trova nell’underground il terreno di massima espressione. La relativa fama raggiunta dai Rotten Sound altro non è che un premio meritato per il loro costante impegno in tale realtà. Quello di cui vi sto parlando è un buon episodio che si incastra alla perfezione nella loro discografia: una serie di uscite quasi sempre di discreto livello, in cui purtroppo manca ancora la gemma, il colpaccio definitivo.
In Drain il gruppo ha dato sfogo al proprio lato più Hardcore-oriented, piazzando quindici tracce che, salvo occasionali anomalie (“Coldvenience“), si assestano sempre sulle medesime coordinate stilistiche. Il riffing è l’elemento che maggiormente suggerisce l’attaccamento allo stile sopra citato: per lo più un elementare susseguirsi di bicordi, spesso “in ritardo” rispetto alla prevedibile esagerazione ritmica, utili a costruire un solido tappeto sul quale un Keijo sempre più arrabbiato urla tutto il suo rancore. Trade-mark dei Rotten Sound è poi la furia di Kai, un batterista quasi disumano (ricordo che anche Fasciana al termine di un tour ne parlò nei termini di “uno dei batteristi più veloci al mondo”… e se lo dice lui!). In questa occasione raramente si lascia andare alla follia (“Inversion” e “Super Satan” se proprio devo fare due esempi), mentre in generale preferisce soluzioni più moderate.
In tutto Drain fa piacere sentire come il gruppo abbia saputo estrapolare la parte migliore dei Napalm Death epoca Inside The Torn Apart. Di quello che è considerato il periodo buio della storica band, i finlandesi hanno saputo cogliere l’aspetto più efficace: il groove. L’effetto è trasportato in questa formula di insano Hc / Grind, e trova forse la sua massima espressione in un brano che a dirla tutta di Grind non ha nulla. Trattasi di “Alone At Last“, pezzo dall’incedere cadenzato che mette in luce la grande capacità di coinvolgimento che un riffing essenziale può regalare.
Ribadisco: Drain tutto è fuorchè un capolavoro. Ma per gli amanti del Grindcore più puro (quindi non necessariamente influenzato dalla sola corrente Metal) questo episodio può diventare un ascolto ben più che piacevole. Violenza concentrata, che trova espressione così nella musica come nelle parole, che non aspetta altro che qualcuno sufficientemente malato per poterla assorbire senza riserve. Aggiungiamoci che la versione in vinile è stata prodotta dalla nostrana e fedelissima Soa Records, e davvero non avrete più alcuna scusa per non farci un pensierino.
Matteo Bovio