Recensione: Dramatis Personae

Di Tiziano Marasco - 19 Aprile 2015 - 0:00
Dramatis Personae
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2015
Nazione:
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68

I Rise of Avernus li avevamo incontrati già l’anno scorso occupandoci di L’appel du vide, buon disco che li presentava come una band innamorata della cultura europea malgrado l’oceanica provenienza. Ma anche un gruppo dotato di una certa personalità e voglia di fare, un gruppo che cercava di accoppiare gothic e doom, con qualche influenza progressiva e buone melodia.

Li ritroviamo quest’anno con Dramatis Personae, non già un nuovo album ma un demo di cinque tracce, che sin dal titolo si prefigge l’intenzione di recuperare reminescenze teatrali. Ne viene fuori un lavoro decisamente diverso rispetto al suo predecessore e nettamente più impostato al black sinfonico, con canzoni più brevi e un’agressività più veloce. Il punto di riferimento sembrano essere Dimmu Borgir ed epigoni vari. Per quanto poi non si cerchi di non scadere nel campanilismo, le ampollose orchestrazioni richiamano alla mente il metal estremo di casa nostra, manierista ed emozionale, in particolare quello dei Fleshgod Apocalypse.

Bisogna dunque congratularsi con la band, per il coraggio di dare varie forme alla propria proposta – un coraggio premiato anche da Grutle Kjellson degli Enslaved (con cui i Rise of Avernus hanno condiviso i palchi dellaloro ultima tournée), che in questo Ep compare come mega ospite. In ogni caso però, la proposta risulta piuttosto povera per quanto concerne l’originalità e gli australiani commettono un paio di errori piuttosto ingenui in fase di registrazione. Su tutto, la volontà di apparire classicisti fa sì che le orchestrazioni, non particolarmente articolate, risultino debordanti, finendo spesso per smorzare la componente più estrema dei nostri. 

La qualità però rimane comunque alta ed i cinque pezzi di Dramatis personae mettono in luce una band con idee forse un po’ confuse, forse in difficoltà per il cambio di genere, ma comunque determinata e vogliosa. Tenendo conto che si tratta di un Ep, quindi di una prova in vista di qualcosa di più sostanziale, è innegabile che il risultato complessivo risulti sufficiente, sebbene le belle speranze smosse da L’Appel du vide ne risultino ridimensionate. La prova del fuoco risulterà inevitabilmente il prossimo full-length. Quale strada batteranno gli australiani risulta difficile dirlo – tornare sui propri passi o dare continuità e sostanza a quanto fatto vedere in questo nuovo Dramatis Personae?

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