Recensione: Dreamfinity
Loro si definiscono “glam rock – eurovisual – alternative – visual kei” ma noi preferiamo affidarci a qualcosa di molto più semplice, andando a scomodare una delle denominazioni più classiche che si possano utilizzare allorquando i toni della musica rock si facciano melodici, le canzoni orecchiabili ed il taglio stilistico abbondantemente vicino all’air play.
AOR, tutt’al più Hair Metal…e siamo tutti contenti. “L’immagine” del resto parla chiaro e permette di rimanere focalizzati su di una materia che in questo modo si certifica vicina a stilemi che hanno fatto, fanno e faranno, parecchia strada tra gli ascolti degli appassionati.
Di certo i DNR, o Dreams now Reality, non ameranno più di tanto le classificazioni: ogni artista, è risaputo, non apprezza più di tanto veder la propria arte ingabbiata entro paletti o schemi troppo rigidi.
E c’è da capirlo, soprattutto quando, a far da supporto a definizioni arzigogolate ed iperboliche, sussistano delle effettive doti di talento e valore, riscontrabili nella qualità di una proposta che sa offrire un notevole saggio di bravura ed estro pur essendo rimasta sinora confinata ad ambiti tutto sommato underground o comunque di limitata diffusione.
Un vero peccato: il livello di cui possono fregiarsi i DNR è, in effetti, di alto profilo in tutti i fondamentali, connubio di esperienza (il gruppo esiste già almeno da un decennio) ed attitudine che si condensano in armonie ficcanti, immediate e ad ampio respiro. Elementi che, non per nulla, hanno suscitato l’interesse di una label consolidata come Perris Records, etichetta indipendente che ha talora pescato autentici “jolly” dragando le scene di tutto il mondo alla ricerca di espressioni musicali di valore e spessore.
Ultimo aspetto da segnalare, marginale ma nemmeno troppo, è la provenienza dei Dreams Now Reality, italianissimi a dispetto di una radice ed un’iconografia che li vorrebbe molto più affini alle sonorità scandinave (i richiami a Brother Firetribe, Poodles, One Desire ed in parte, Heat, sono manifesti) o del Sol Levante (X-Japan su tutti, vera musa del quartetto), motivo di un pizzico d’orgoglio nel constatare come – anche nel sottobosco più insospettato – dalle nostre parti fioriscano di continuo realtà decisamente meritevoli di plauso e appoggio.
Nel loro ultimo prodotto da studio, pubblicato in formato deluxe sul finire del 2017 ma già disponibile in altra versione sin dal 2014, sono molti i motivi per cui potersi dire soddisfatti.
Belle, senza dubbio molto belle, le melodie che la band ha saputo confezionare, coacervo di scintille electro-pop anni ottanta mescolate con buon gusto alle tonalità dell’hard glam scandinavo ed americano.
Ottima la resa del gruppo, capace di fiammate rock inframmezzate da sprazzi orecchiabili e ritornelli facili-facili.
Ma soprattutto, parecchio interessanti le canzoni nel loro complesso.
Analizzate e sezionate rivelano indubbia competenza e perizia in termini di songwriting e “confezione”, ma è proprio “nell’insieme” che i brani funzionano, offrendo piacevolissimi momenti di musica easy listening, con un riffing sempre ben assestato ed alcuni ritornelli di sicura efficacia.
Che poi il mercato giapponese e la fascia d’ascoltatori affascinati dalle cose eighties-style siano il punto di riferimento dei DNR è altro fatto acclarato: la versione Japan di “Beyond This World” (ottimo pezzo già di per se) ne è diretta testimonianza, un po’ come lo stile in forza a brani quali “Break out and Live”, “Another World Falls Down” e “No Romance”, stralci di melodie dal sapore orgogliosamente retrò che vanno a culminare nella eccellente “Neverland”, riassunto definitivo della bravura di un gruppo-rivelazione che ha realmente tutto per porsi con successo in un segmento d’ascolto piuttosto seguito in questi ultimi anni.
Ok i seguaci di X-Japan e del Visual Kei…ma pure i tanti fan di Heat, One Desire, Poodles e Brother Firetribe dovrebbero, obbligatoriamente, fare un passaggio alla corte dei Dreams Now Reality (O Dreams Not Reality…non è molto chiaro!): soddisfazioni assicurate.
Nell’attesa che anche qualche big label di settore – magari di casa nostra – butti l’orecchio e dia il giusto supporto ad una band con moltissime frecce al proprio arco…