Recensione: Dreamland Manor
Il 3 aprile 2005, dopo 22 lunghi anni, le strade dei Blind Guardian e di Thomen Stauch si separano, interrompendo una delle line up più durature e compatte del metal di oggi e di ieri. Un connubio perfetto, che ha fruttato diversi capolavori e un posto di assoluto rispetto nella storia del metal per la band di Krefeld. Il buon Thomen, fabbro ferraio di tante parti spaccaossa e amante delle sonorità vecchio stampo, affianca a sé il vecchio amico Piet Sielck, i giovani Jens Carlsson e Emil Norberg dei Persuader, e forgia i Savage Circus.
Dreamland Manor, debutto di questa nuova creatura che porta sulle spalle il peso di due grandissimi nomi e tanti cuori spezzati, si apre con Evil Eyes, brano che avevamo già avuto modo di amare grazie al singolo gratuito che la band ha messo online poche settimane fa e che trovate recensito qui. Il mio parere non cambia, e non cambia la bellezza del pezzo. Come detto in sede di recensione a metà agosto, aggressiva, dinamica e celerissima, Evil Eyes è un trionfo del power metal che fu. Riff velocissimi, chitarre melodiche ma mai banali e sdolcinate, divinamente supportate da una parte di batteria di quelle incalzanti ma mai scontate a cui il caro vecchio Thomen Stauch ci ha abituato per vent’anni. La successiva Between The Devil And The Seas ha un impatto più oscuro e teatrale, che si sviluppa tra un connubio chitarre/batteria abbastanza frenetico dove ritmi più vivaci si alternano a parti quasi da mid-tempo. Un pezzo che, a parte l’incedere del bridge e l’assolo, potrebbe essere qualcosa di abbastanza vicino ai Demons & Wizards, soprattutto per quanto riguarda la prova vocale di Jens Carlsson e le melodie di chitarra che non dispiacerebbero a Jon Schaffer. I Savage Circus sono una band che sfoggia il meglio di sé nei tempi veloci e martellanti, e infatti tra la discreta semi-ballad Waltz Of The Demon e gli episodi più schiaccia-ossa del lotto, come la splendida opener, c’è un abisso. Le parti corali sono coinvolgenti e mostrano una natura 100% germanica, ma il riffing troppo sempliciotto e poco penetrante dei versi mette in mostra alcuni limiti del pezzo, forse il meno convincente dell’intero lavoro. Nonostante un titolo degno del miglior happy-metal, Tomorrowland non è un inno gaio e festaiolo, ma un’altra celebrazione del power/speed più semplice e genuino. Un pezzo senza troppe pretese strumentali che ha nel suo ritornello breve ma particolarmente orecchiabile il principale punto di forza. Discorso che si adatta perfettamente anche a It – The Gathering, nuova apoteosi di canoni di primi anni ’90, con un muro ritmico fitto e piuttosto vario che sorregge la chitarra di Piet Sielck, la quale si manifesta con un buon lead per poi eclissarsi in favore di un palm-muting che funge da scheletro per le linee vocali corali di Jens Carlsson e un assolo trascinante dai richiami helloweeniani.
È un solare arpeggio di pianoforte ad aprire la bella ballata Beyond Reality, dove i Savage Circus cedono parte della loro irruenza in cambio di melodie più luminose (quasi alla Edguy) che rendono il pezzo cullante e dondolante in un progressivo gonfiarsi delle atmosfere che esplodono nel solo e nel finale di nuovo preda dei cori crescenti e sfarzosi. L’ottima When Hell Awakes è un incontro ben riuscito tra le sonorità più fosche e teatrali già ascoltate e gli stilemi del power metal più diretto ed elementare, tanto che il pezzo riesce a mantenere per tutta la sua durata una grande linearità e aggressività, per poi spegnersi in un finale che ricorda da vicino gli albori di ‘Precious Jerusalem’ e quei passaggi tanto cari a Thomen Stauch. Ghost Story, altro pezzo che avevamo avuto modo di conoscere grazie al singolo, è uno dei pezzi più anomali di tutto il lavoro. Complesso e abbastanza inaspettato, l’episodio si avvicina agli aspetti più semplici di ‘A Night At The Opera’. Qui Jens Carlsson raggiunge quasi il plagio: le sue linee vocali sono tremendamente vicine allo stile di Hansi Kursch nei Demons & Wizards, e anche le parti strumentali non viaggiano poi così lontano dal progetto nato dalle menti del singer dei Blind Guardian e di Jon Schaffer. L’album si chiude con un altro pregevole pezzo di power metal serrato e incalzante. I Savage Circus ancora una volta pagano un cospicuo dazio ai Blind Guardian, ma Born Again By The Night non fa rimpiangere certo la cosa.
Il paragone coi Blind Guardian
Dal momento che il destino di quest’album è essere paragonato alla produzione dell’ex band di Stauch, anticipiamo i tempi, tutti quelli che arriveranno con sentenze apocalittiche, e procediamo ad un’analisi, con cognizione di causa, del lavoro in questa chiave. Il tentativo (perfettamente riuscito) di fare breccia nei cuori grazie a sonorità nostalgiche e dirette, tanto care ai Blind Guardian dei tempi addietro, c’è, ed è palese. Attenzione però ad avvicinare troppo le due band, perché le differenze, parti di batteria ovviamente escluse, ci sono, e all’orecchio saggio e attento risulteranno subito evidenti. Prima cosa il songwriting, di livello e di concetto. Di coppie geniali come Olbrich / Kursch al mondo ce ne è una, e non basta riprendere il suono delle chitarre della band di Krefeld per diventare i secondi/nuovi Blind Guardian. La distanza, soprattutto nel modo di comporre oltre che nei soli e nei lead, è davvero notevole. Secondo, il talentuoso Jens Carlsson è decisamente troppo condizionato dalle linee vocali di Hansi Kursch, e il suo tentativo di imitare in tutto e per tutto il singer dei bardi rischia di avvicinarsi troppo al plagio vero e proprio. Certo, meglio così dell’ennesima ugola acutissima e smancerosa, ma il giovane Jens dovrebbe cercare di imporre un modo suo e più personale alle parti vocali che interpreta.
In conclusione
Di dischi del valore di Dreamland Manor, oggi, ce ne sono purtroppo pochi. Dimenticate le mielose tastiere divora chitarre, dimenticate le ritmiche ultraripetitive e impersonali, dimenticate le vocine a ultrasuono. Per fortuna, nel patrimonio genetico dei Savage Circus, c’è altro. C’è il Power metal quello vero, aggressivo e dinamico, incisivo e incalzante. In Dreamland Manor ci sono le basi per una band che potrà seguire (perché per affiancare è ancora presto) Blind Guardian, Rage, Gamma Ray e compagnia nel tentativo di tenere alto il buon nome del Power metal, ahimè sempre più legato a produzioni che di Power hanno veramente poco. Certo, se la band intende arrivare ai vertici, un po’ più di soggettività e indole non guasterebbero, anzi diciamo francamente che si tratta di un passaggio essenziale. Quella gemma di ‘Tales From The Twilight World’ l’hanno già incisa i Blind Guardian nel 1991: continuare a essere uno spettro che vive nell’ombra del passato di una band immensa non ha senso, e se può risultare efficace a livello di promozione, vendite e gradimento, è assai deleterio per l’anima e l’essenza dei Savage Circus. Ciò di cui oggi il power e tutto il metal hanno bisogno, è di gruppi con una forte personalità, capaci di abbandonare la massa delle band derivative e imporre una individualità propria. Questo è ciò che spero riusciranno a fare con i prossimi album i Savage Circus. Per adesso teniamoci quest’ottimo debut dal retrogusto filo-guardiano ma dalla fattura più che discreta.
In attesa di vedere cosa questa nuova formazione ci riserverà per il futuro, con una lacrimuccia e tanti splendid ricordi, guardiamo il caro vecchio Stauch incamminarsi per la sua nuova strada e tenere banco nel tendone del circo selvaggio. Buona fortuna Thomen, ci mancherai.
Tracklist:
1. Evil Eyes
2. Between The Devil And The Seas
3. Waltz Of The Demon
4. Tomorrowland
5. It – The Gathering
6. Beyond Reality
7. When Hell Awakes
8. Ghost Story
9. Born Again By The Night
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini