Recensione: Dreammin’ In A Casket
Mentre sui network televisivi imperversano i videoclip di nuove sensazioni glam rock, un po’ come fu per i The Darkness, ormai senza ombra di dubbio classificabili come meteora, il vero nuovo glam rock è relegato come sempre alla nicchia, incapace come sempre, forse perché totalmente disinteressato, di soffiare via il fumo dagli occhi di tanti rockettari dell’ultim’ora, sapientemente adescati da major in grado di costruire personaggi usa e getta, senza remore di sorta nei confronti di un genere – il glam rock, in questo caso, ma il discorso è estensibile praticamente all’infinito – glorioso e storicamente fondamentale.
Ci sono band, e gli Hardcore Superstar ne sono un esempio, che forti di un’immagine ricostruita con genuinità, per quanto derivativa, sui fasti del passato, hanno comunque sviluppato una propria personalità, rispettosi ma soprattutto ben consapevoli e padroni delle proprie influenze.
E’ in quest’ottica che accolgo a braccia aperte il sesto album della band scandinava, capace di mantenersi fedele agli standard cui ci ha abituato fin dagli esordi nonostante i continui alti e bassi del revival glam degli ultimi anni.
Come se non bastasse, la maturazione compositiva, esecutiva e scenografica, che non ha tardato ad arrivare, continua nei canoni di un hard rock roccioso e meno spensierato rispetto agli inizi, a dimostrazione dell’acquisita consapevolezza professionale da parte dei nostri.
“Dreamin` in a Casket” non deluderà le attese dei fan, né attirerà le illazioni di quanti, armati di mannaia, erano pronti a calare la scure sull’eventuale passo falso che sarebbe puntalmente arrivato se il quartetto avesse deciso di puntare su un pericoloso infantilismo di facile presa.
Non sarà dunque una sorpresa ascoltare un indurimento in direzione sleazy, peraltro già apprezzato a tratti, e un miglioramento importante dal punto di vista della produzione, mai come ora artefice di un sound così compatto e ficcante. La svolta è da additare maggiormente alle chitarre, più presenti non solo in termini quantitativi ma anche e soprattutto qualitativi, laddove la ricerca della melodia e del ritornello strappaconsensi, cui da sempre gli svedesi sono attenti, si rifornisca presso la fucina vincente dell’hard rock made in Germany. Ne sono prova la titletrack, ma anche l’ottimo duo d’apertura “Need No Company” e “Medicate Me”, radiofoniche e dannatamente heavy al tempo stesso.
Non manca di certo la ruffianeria più propriamente glam, marchio di fabbrica delle liriche della band, predominante in brani come “Sensitive To The Light”, “Silence For The Peacefully” o “Sophisticated Ladies”, mentre viene lasciato spazio anche alle contaminazioni di certo hard rock americano, come nella bella “Lesson In violence” o nello street di “Wake Up Dead In The Garbagecan”. Più in sordina “This Is For The Mentally Damaged”, “No Resistance” e “Sorry For The Shape I’m In”, buoni pezzi di attitudine Poison/Guns’n’Roses, ma probabilmente non al passo con il nuovo stile compositivo.
Da appuntare la mancanza di un highlight con la H maiuscola, oltre che di una ballatona ad hoc per gli intenti più ruffiani, ma, almeno per quest’ultima nota, prendiamo atto della poca malizia con cui questo album è stato concepito, e che, visti i tempi, una webzine come la nostra non può dispensarsi dall’applaudire.
Tracklist:
1. Need No Company
2. Medicate Me
3. Dreamin’ In A Casket
4. Silence For The Peacefully
5. Sophisticated Ladies
6. Wake Up Dead In A Garbagecan
7. Spreadin’ The News
8. This Is For The mentally Damaged
9. Sensitive To The Light
10. Lesson In Vio-Lence
11. Sorry For The Shape I’m In
12. No Resistance