Recensione: Due
C’è stato un momento all’interno della NWOIHM nel quale gli Elektradrive furono la band italiana più conosciuta al mondo, grazie ai KKKKK (cinque “K”), ovvero il massimo del punteggio, ottenuto nella recensione di Due da parte della rivista inglese Kerrang! la bibbia dell’heavy metal degli anni Ottanta, nota anche per nutrire una naturale avversione per le band HM tricolori. Per capire la portata di un evento del genere, vi basti pensare che, all’interno dello stesso numero, l’album Slip of the Tongue dei Whitesnake di David Coverdale venne valutato con sole tre “K”.
La recensione in oggetto si riferisce alla versione in vinile del disco, peraltro ancora disponibile, uscita a suo tempo per la mitica Minotauro Records (ora Markuee) di Marco Melzi, uno dei maggiori propulsori del metallo made in Italy degli Eighties. La Line-up di Due prevede: Simone Falovo alla chitarra, Elio Maugeri alla voce, Alex Jorio alla batteria, Stefano Turolla al basso ed Eugenio Manassero alle tastiere.
Cenni storici.
I Nostri nascono dalle ceneri degli Overdrive, cambiano il nome in Elektradrive nel 1983 e partecipano alla storica compilation Heavy Metal Eruption con il brano Lord of the Rings. Il combo torinese è l’unica band nel panorama italico (insieme agli Steel Crown), a comparire anche nella compilation “concorrente” Metallo Italia del 1985 con il pezzo Winner. Nel 1986 l’esordio discografico con il disco …Over the Space e un tour di supporto all’album abbastanza corposo. Nel 1989 esce Due e nel dicembre di quell’anno gli Elektradrive suonano in compagnia di Manowar, Sabbat e Shy a Torino. Tentano la fortuna trasferendosi negli Stati Uniti per un breve periodo, scelta che frutta loro l’onore di una serata al Roxy Theatre, monumento del rock sul Sunset Strip di Los Angeles ma poi, nonostante le ottime premesse, non accade nulla di concreto. Nel 1993 è la volta di Big City, grande lavoro di class metal cromato con una produzione di livello internazionale con relativo tour di supporto. Poi più nulla di significativo fino ai giorni nostri: la band torinese è in questo periodo al lavoro per la pubblicazione, prevista per il dopo estate, del nuovo album dal titolo “Living 4”. I pezzi candidati a finire sul Cd sono quattordici e della formazione originale sono rimasti Simone Falovo, Alex Jorio ed Elio Maugeri.
Due
Questo album rappresenta probabilmente l’apice compositivo della band, soprattutto per quanto attiene il songwriting degli Elektradrive nonché testimonia la maiuscola prova del singer Elio, che assurge a uno status di livello mondiale. Il successivo Big City, viceversa, è il disco della definitiva maturità artistica dei torinesi.
La side A si apre con Back on the Road, che dimostra fin da subito la capacità degli Elektradrive nel sapiente uso delle tastiere, segue St. Valentine Day, dal riffing incalzante, con un Simone Falovo sugli scudi. Sunset Boulevard è dedicata al sogno americano, come spesso accadeva anche per altri ensemble della penisola e si sviluppa in uno slow’n’roll intrigante. Wild West “tira la corda” fino all’impossibile prima di rivelarsi totalmente: si tratta di una semi ballad dal retrogusto country veramente particolare e originale (per l’epoca). Right or Wrong chiude il lato 1 del vinile ed è il tributo dei Nostri a una band come Aerosmith, chorus escluso.
Il tempo di girare il nero vinile e parte A Man that got no Heart e sfido chiunque ad accorgersi che si tratti di un gruppo italiano: il brano è arioso e dall’appeal internazionale. Sicuramente uno degli highlight di Due… (bella questa! Ah,ah,ah!). Segue la title track, un episodio altalenante che non colpisce come ci si aspetterebbe da un brano che dà il titolo a un album del genere, così come Magic Lamp, che passa senza lasciare il segno, nonostante l’ottima impostazione del coro. Si chiude il lato B e il disco con Dream On, un capolavoro di Class/Aor dalla prima nota di pianoforte fino all’ultima porzione di fiato elargita da Elio Maugeri per l’occasione. Probabilmente la top track di Due.
Questa seconda fatica discografica degli Elektradrive è stata quella che ha più venduto in Italia all’interno della loro carriera. Due è un disco che va scoperto a piccole dosi, gustandosi ogni singolo momento di ascolto. La recensione si limita a fornire delle piccole tracce orientative e non va oltre, per non rompere prematuramente l’incantesimo di una gemma di tale portata.
Stefano “Steven Rich” Ricetti