Recensione: Dusk and Her Embrace
“Dusk and Her Embrace”, titolo fondamentale nella storia di una band sempre discussa come i Cradle of Filth. Pubblicato nel 1996 presenta al suo interno alcune delle canzoni che sono rapidamente diventate dei classici del gruppo.
I Cradle sono sempre stati al centro di grandi discussioni, al primo posto c’è la difficoltà di etichettare il genere da loro proposto. I puristi del Black Metal non possono sopportare che venga dato questo nome alla musica di questo gruppo. Eppure è difficile anche pensare che la musica dei Cradle possa essere Power o qualcosa d’altro. Altra fonte di tante discussioni è la voce così particolare di Dani Filth, frontman e cantante del gruppo, il cui modo di cantare fa storcere il naso a tanti. Eppure oltre alla critiche ci sono anche vari fattori positivi a loro sostegno. Sicuramente uno di questi è la loro coerenza, nonostante tutte queste critiche che durano da anni, loro non si sono mai piegati a leggi di mercato continuando a fare la musica che li ha distinti. L’indiscutibile originalità della loro proposta è un’altro punto a loro favore. Per finire anche la qualità e la capacità di scrivere canzoni sempre elaborate e mai banali, punti questi ultimi che hanno raggiunto il meglio proprio in questo disco considerato il miglior parto del gruppo inglese.
Si comincia con una intro strumentale che ci fa subito calare in una atmosfera da film dell’orrore con “Humana Inspired to Nightmare” che sfuma nella successiva “Heaven Torn Asunder”, lunga suite, come lo sono quasi tutte le canzoni dei Cradle, di oltre otto minuti. Subito capiamo che questo gruppo è un po’ fuori dalle righe. Gli urli di Dani fanno accapponare la pelle e ai più potrebbero forse fare un certo effetto gli abbinamenti frequenti della batteria a mitraglia di doppia cassa di Nicholas con le partiture orchestrali.
Terza traccia una canzone storica per i Cradle come “Funeral in Carpathia” di cui il gruppo inglese avrebbe qualche anno dopo riproposto anche una cover a dimostrazione di come sia entrata a far parte integrante della loro storia come una delle loro più belle canzoni.
”A Gothic Romance (Red Roses for the Devil’s Whore)” è un’altra lunga suite in continua evoluzione, le canzoni dei Cradle infatti sono sempre molto variegate non limitandosi mai a una struttura semplice come strofa e ritornello, che anzi sono del tutto inesistenti, lasciando spazio a un testo esteso spesso molto vario che la musica si evolve per seguire.
I testi infatti sono un’altra delle caratteristiche particolari dei Cradle. Le loro parole, che spesso fanno ricorso a vocaboli di inglese arcaico, tessono strane storie di amore, sesso e morte condite di vampirismo e necrofilia, che si fondono tra di loro.
La successiva “Malice Through the Looking Glass” è per gran parte strumentale con un breve testo, e lascia presto il posto alla titletrack. “Dusk and Her Embrace” è un’altro classico della storia musicale dei Cradle of Filth, un condimento di potenza e melodia in un certo senso unico nel suo genere come solo il gruppo inglese è capace e ha il coraggio di fare, con un Dani in splendida forma in grado di passare attraverso tutti gli stili possibili di growl e di scream.
Poi è il momento di un nuovo pezzo strumentale che ci accompagna al chiaro di luna per un camposanto come dice lo stesso titolo “The Graveyard by Moonlight”.
Subito dopo ecco “Beauty Sleept in Sodom dove le tematiche di cui parlavo prima di sesso e necrofilia tornano prepotentemente alla ribalta con una bella canzone potente e suadente, che è sicuramente una delle mie preferite nell’intera produzione dei Cradle.
Infine chiudiamo con “Haunted Shores” in cui i Cradle ci presentano la loro personale visione della storia di Artù, di Excalibur, del Graal, della strega Morgana e dell’isola di Avalon su cui si infrangono le spettrali onde del titolo.
Per concludere sicuramente parole di elogio devo spendere per il miglior disco dei Cradle of Filth, un piccolo capolavoro per cui però bisogna avere orecchie particolari. Un gruppo che ha creato un nuovo genere che ancora non ha un nome, anche se il termine di paragone più vicino potrebbe essere il gothic. Una voce bellissima ma anche troppo particolare per piacere a tutti. Consigliato a chi già conosce i Cradle e a chi vorrebbe conoscerli cominciando dal loro disco più bello, con l’avvertenza che potrebbe piacere a pochi.
Tracklist
01 Humana Inspired to Nightmare
02 Heaven Torn Asunder
03 Funeral in Carpathia
04 A Gothic Romance (Red Roses for the Devil’s Whore)
05 Malice Through the Looking Glass
06 Dusk and Her Embrace
07 The Graveyard by Moonlight
08 Beauty Sleept in Sodom
09 Haunted Shores
Alex “Engash-Krul” Calvi