Recensione: Eat Em And Smile
Quando David Lee Roth lasciò i Van Halen pochi si aspettavano dal famoso singer un qualche gesto “di pace” che lo facesse ritornare nella band che aveva contribuito a far diventare grande nel panorama hard rock mondiale. Gli screzi tra “Diamond Dave” ed Edward Van Halen erano diventati talmente forti che altra soluzione se non separarsi risutava l’unica praticabile. Fu così che i Van Halen reclutarono nelle loro fila Sammy Hagar, cantante forse meno “showman” del suo predecessore ma comunque ben dotato a livello vocale. Di lì a poco registrarono il successore del famoso “1984”, ovvero “5150”. Intanto David Lee Roth, ormai pienamente deciso a continuare la sua carriera come solista, si mise alla ricerca dei giusti elementi per formare una band all’altezza delle sue esigenze. Mettere in piedi una band non era evidentemente facile e, per non perdere l’onda della popolarità recentemente conquistata con “1984”, David decise di dare subito alle stampe un EP di cover songs alle registrazioni del quale raccolse una serie di ottimi session men: Eddie Martinez, Sid McGinnis, Dean Parks (alle chitarre); Edgar Winter (sassofono, keyboards, synthesizer e background vocals); Brian Mann, James Newton Howard (synthesizers); Willie Weeks ( al basso); John Robinson (alla batteria); Sammy Figueroa (alle percussioni); Carl Wilson, Christopher Cross (alle background vocals). Fu così che uscì nel 1985 “Crazy From the Heat”. Il disco riscosse un certo successo sia tra i fans dei Van Halen che tra coloro che per la prima volta si avvicinavano al famoso cantante. Ciò spinse Diamond Dave a continuare sulla strada intrapresa e nel giro di pochi mesi il nostro riuscì finalmente a formare una vera e propria band con alcuni fra i più talentuosi musicisti in circolazione: Steve Vai (già con un’ottimo curriculum musicalealle spalle ricco di collaborazioni con musicisti prestigiosi, primo fra tutti Frank Zappa), Billy Sheehan (bassista di lunga esperienza e dalla tecnica sopraffina) e Gregg Bissonette (batterista versatile e tecnico allo stesso tempo). La band, una volta uffcializzata, era pronta per registrare un vero e proprio album e fu così che nel 1986 al “Power Station” di New York e poi ai “Fantasy Studios” in California venne registrato “Eat ‘em and smile”, primo vero album di debutto del famoso cantante americano.
Innanzitutto è da notare la copertina, coloratissima, ritraente il viso di Diamond Dave completamente truccato quasi come se fosse un indigeno. La vivacità dei colori del trucco lasciano intendere chiaramente la voglia di stupire del cantante, accentuando il carattere “clownesco” del personaggio in questione.
Il disco si apre nel modo più frizzante e improbabile, ovvero con una sorta di dialogo tra Lee Roth e la “chitarra parlante” di Steve Vai. Quest’intro, davvero simpatica, prelude a “Yankee Rose”, prima song del platter. Il pezzo è molto vivace ed è costruito su pochi ma qualificanti riffs. Da notare subito è la bravura di Steve Vai e di Billy Sheehan che, in perfetta sinergia, mettono egregiamente in mostra tutte le loro doti tecniche senza mai scadere in freddi “tecnicismi”. La track ha uno stile essenzialmente hard rock, anche se non declinato secondo i classici stilemi del genere. Con la seguente “Shyboy” esce allo scoperto in tutta la sua evidenza la vena dissacratoria di David Lee Roth, la compattezza della band (che sembra quasi un solo strumento) e soprattutto il valore dei due principali artefici della forza trascinante del pezzo: di nuovo e sempre Steve Vai e Billy Sheehan. Questi ultimi due in questa song esagerano per davvero, quasi sfidandosi in un duello “all’ultima nota” costruendo insieme un assolo davvero da antologia. Il pezzo è travolgente anche e soprattutto grazie alla sezione ritmica, opera del validissimo Gregg Bissonette che invece di attenuare la forza d’impatto della track ne compatta il sound indurendolo al punto giusto e nel modo in cui deve essere una hard rock song. Immancabile come sempre l’assolo, davvero bello, di Vai che non fa altro che aggiungere al brano ulteriore adrenalina. Con “I’m easy” David Lee Roth e soci riprendono in pieno il discorso musicale intrapreso con l’EP “Crazy from the Heat”, travolgendo l’ascoltatore con una song che rimanda ad un rock databile intorno agli anni 50, ma comunque godibilissimo. “Ladies’ Nite in Buffalo”, quarta track del disco, è un pezzo dalle ritmiche cadenzate e dal riffing suadente. Ottimo è qui il lavoro di Mr. Steve Vai che, con pochi eleganti riffs, cattura letteralmente l’orecchio dell’ascoltatore fino all’irrompere di un assolo fra i più belli del disco. Il pezzo si chiude in “fading” e subito dopo un’altra song vivace e adrenalinica irrompe all’improvviso. Si tratta di “Going Crazy”, brano brillante nel quale anche stavolta è da notare la grande intesa tra Steve Vai e Billy Sheenan che si spalleggiano alla grande ognuno introducendo nel pezzo armonizzazioni pregevoli e mai fuoriposto. L’assolo di Vai eleva la forza d’impatto del brano e si inserisce alla perfezione lungo le belle linee melodiche ispirate dal refrain principale. Un riff quasi galoppante introduce “Tabacco Road”, song nella quale il ritmo incalzante la fa da padrona e sopra il quale si stende un sapiente lavoro alle chitarre ritmiche che riesce a compensare la ripetività, non ossessiva, del refrain. L’assolo si inserisce bene nella parte finale del pezzo che, in ultima analisi, risulta essere buono anche se meno ripetizioni forse lo avrebbero reso ancor più piacevole. La settima track, “Elephant Gun”, è un’altra veloce cavalcata nella quale nuovamente basso e chitarra solista gareggiano in quanto a tecnica e fantasia producendo insieme un assolo tutto particolare. Grinta e voglia di stupire anche in questo pezzo, dunque, con Gregg Bissonett perfettamente a proprio agio dietro alle pelli. Il disco sta volgendo al termine e “Big Trouble”, ottavo brano, ci regala un altro bel momento di buona melodia. Le ritmiche cadenzate, il riff portante, potente e quasi ipnotico, sono le principali caratteristiche che contraddistinguono il pezzo. La parte migliore arriva quando irrompe la chitarra solista di Vai il quale riesce allo stesso tempo ad unire tecnica e melodia in modo coerente con lo sviluppo della song. “Bump and Grind”, penultima track, non fa altro che riassumere in pochi riffs l’intero discorso musicale intrapreso dal disco. In sostanza una buona song che però non aggiunge nulla di più a quanto giù egregiamente espresso dai membri della band. Il disco si chiude con la cover “That’s life” nella quale riaffiora di nuovo la vena goliardica e un po’ clownesca di Diamond Dave.
In ultima analisi questo primo album solista di David Lee Roth può essere con tutta certezza considerato il migliore nella sua discografia e quello che meglio esprime la stravagante personalità di questo grande interprete.
Tracklist:
1 Yankee Rose
2 Shyboy
3 I’m Easy
4 Ladies’ Nite In Buffalo?
5 Goin’ Crazy!
6 Tobacco Road
7 Elephant Gun
8 Big Trouble
9 Bump And Grind
10 That’s Life