Recensione: Eat My Dust! [EP]
Storie di amicizia ed amore per il rock.
Quante volte ne abbiamo ascoltate, apprezzandone i risvolti genuini che, partendo dalla comune passione per la musica, si concretizzano nella nascita di una band alla quale legare tutte le proprie aspettative e desideri di affermazione.
Una vicenda comune anche ai Saturday Overdose, giovane quartetto alessandrino formato sui banchi di scuola nel corso del 2007 che, dopo i classici dubbi sulle reali potenzialità di un progetto profondamente radicato – come tanti – nel cuore degli eighties, decide di provarci realmente, buttando il proverbiale “cuore oltre l’ostacolo” alla ricerca di un’occasione per farsi conoscere.
Capita molto spesso di lanciarsi nella mischia, ricevendo secchi dinieghi e parecchie delusioni.
Se però un po’ di talento c’è davvero, può essere che qualcuno se ne accorga, lasciando aperta la porta per un’opportunità da cogliere al volo.
Il merito in questo caso, va a chi ha saputo dar prova di buon intuito: la vulcanica Street Symphonies Records, indie label tricolore, divenuta un autentico segugio per le realtà nostrane attive in ambiti hard rock e meritevoli di valorizzazione
I Saturday Overdose, in effetti, di talento parrebbero averne in discreta misura. O almeno, questo è quello che emerge con prepotenza dall’ascolto delle cinque tracce inserite nell’EP d’esordio “Eat My Dust”, uscito giusto un paio di mesi fa sul mercato nazionale.
Un concentrato di sonorità hard rock in piena infatuazione “scandinava”, che scorrazza senza remore su e giù per le coordinate ormai divenute imprescindibili per chi decide di darci dentro con i suoni un po’ ruvidi ed un po’ nostalgici dell’hard vecchia maniera.
Ci sono i soliti Mötley (come potrebbero mancare?), tutto l’immaginario ottantiano che spazia dall’hair metal allo sleaze stradaiolo e ci sono – ovvio e finanche scontato – le influenze delle nuove stelle del nord Europa, messe in fila con i classici riferimenti a Crashdiet, Hardcore Superstar e Backyard Babies. Nomi che, ormai, sono divenuti come l’ABC per chi decide d’intraprendere la via del sano rock n’roll, ruvido ed infuocato.
Ci sono però soprattutto, una buona produzione dei suoni – elemento tutt’altro che marginale nella realizzazione di un prodotto di settore – e capacità dei singoli di levatura importante.
Con “Free Bones” e “Fuckin’ Mustang” ad esempio, i Saturday Overdose mettono a segno già due brani che permettono loro di avere un biglietto da visita autorevole e di “peso”: l’hard rock incalzante, robusto ed istintivo prende piede con slancio, riversando tantissima energia e parecchi watt in una coppia di melodie alcoliche ed inebrianti.
Non c’è da sorprendersi per chissà quale rivoluzione sonora insomma; ci sono però da apprezzare gli esiti di un lavoro svolto con cura e gli effetti di un sound che, pur se consolidato, non smette di farsi apprezzare a ciclo continuo, qualunque sia il nome che ne ripropone i solidi dettami.
Quando poi, gli esecutori sembrano essere talentuosi e nella possibilità di mettere in fila energia-ritornelli-abilità personali, non resta che rimanere in attesa con le “classiche” antenne ben drizzate: un nuovo centro pieno alla Superhorrofuck potrebbe essere dietro l’angolo…
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