Recensione: Echoes From Within Dragon Island
I Karfagen sono una band progressive rock ucraina fondata dal compositore, arrangiatore e polistrumentista Antony Kalugin, prolifico musicista già protagonista con altre formazioni (oltre al progetto Karfagen) nell’arco di 15 anni a con 13 dischi all’attivo. In questa avventura musicale si è avvalso della collaborazione di ben 17 musicisti e il risultato è notevole.
Echoes From Within Dragon Island è il titolo dell’opera in questione, un concept album costituito da 4 tracce, 3 lunghe suite e un brano più breve corredato da un bonus cd a completare il tutto. L’opener “Dragon Island” si compone di tre parti, la prima inizia con un bell’intro poderoso in stile prog settantiano, subentrano poi sonorità folk e un cantato fiabesco degno di un musical. La seconda sezione della suite inizia con un intro prog metal potente per richiamare poi sonorità sempre dei ’70 (bella l’apertura con violini e flauti, il cantato da par suo crea sempre atmosfere narranti). L’ultima parte della suite inizia con un arpeggio di chitarra classica e flauto, il cantato è morbido e il brano segue con melodie malinconiche. La seconda traccia in scaletta è il prosieguo della “Dragon island suite” e questa volta sono 4 le aree tematiche che si susseguono nei venti minuti di cui si compone la monster track. La prima è un brano strumentale interessante, strizza l’occhio al miglior prog che fu con tutti i suoi cliché. La seconda ha sonorità più folk e le linee vocali si sposano perfettamente con lo status melodico del brano. “Picture story books”, terza area della suite, è intessuta da un susseguirsi di melodie dal forte impatto epico, intervallate da parti cantate; compare, inoltre, il primo assolo di chitarra elettrica fin qui ascoltato, il finale è epico. Chiude la suite “Where All The Playthings Come Alive”, con un avvio importante e roboante, e belle voci armonizzate femminili e maschili. La terza traccia del disco è la breve “My bed is a boat”, con il suo intro melodico, meravigliosi intrecci di chitarra classica e flauto, e delicate pari vocali in linea con la musica, molto folk. Chiude il disco la terza lunga traccia (sempre dal titolo “Dragon island suite”) divisa in due movimenti: il primo ha un intro decisamente pop (oserei dire adult pop) raffinato e di gusto, con riferimenti arabeggianti che creano uno stato emotivo suggestivo e trasognante. L’ultimo movimento, “Valley of the king”, ha un intro ben costruito, il brano si evolve in modo organico e divertente, molto rock e trascinante. Di sicuro è la traccia con più verve e frizzante con cambi ritmici e melodici che soddisfano i palati più rock; non mancano, poi, altri richiami a sonorità arabe e si esalta anche la sessione ritmica. In definitiva un ottimo brano per la chiusura del disco.
Passiamo ora brevemente a dire due parole circa le bonus track presenti nella limited edition. Nella romantica “Flowing brooks” si segnala un intro con sax protagonista e una parte centrale sinfonica; “Winter rooks” è un pezzo crepuscolare, mentre “Incantation (part 1)” e “Incantation (part 2)” sono brani brano che si evolvono man mano sempre in crescendo, con grande pathos e atmosfere rarefatte. Sono incluse, infine la versione strumentale di “My bed is a boat” e la versione come singolo di “Dragon island”, oltre all’astomferica “Across the dark we steer” e “Alight again”, unico brano cantato delle bonus track, nonché ballata dalle sonorità pop.
In conclusione possiamo dire che Echoes From Within Dragon Island è un buon disco che si lascia ascoltare facilmente, non deluderà gli appassionati del genere e i fan della band. Ottima la produzione, mentre i testi fantasy e fiabeschi ci ricordano un assunto essenziale: basta poco, sono le piccole cose a renderci felici come dei re.