Recensione: Edder & Bile

Di Alessandro Marrone - 25 Novembre 2020 - 1:00
Edder & Bile
Band: Cadaver
Etichetta: Nuclear Blast
Genere: Death 
Anno: 2020
Nazione:
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80

A volte ritornano, ma in alcuni casi non sono mai stati dimenticati. Introduciamo un po’ semplicisticamente il fatto che a distanza di ben 16 anni i Cadaver tornano con un nuovo full-length. Non che nel frattempo il master mind Anders Odden sia rimasto con le mani in mano, dato che ha portato avanti i propri impegni con band del calibro di Satyricon e Celtic Frost, ma in quella zona remota di memoria collettiva non ha nessuna intenzione di tradire una realtà death metal che con soli tre album ha saputo delineare un sound personale, tenebroso e lasciato l’amaro in bocca per tutto il tempo in cui abbiamo atteso, sperato e ci siamo quasi rassegnati ad accettare il fatto che i Cadaver non sarebbero più esistiti.

È nel corso del 2014 che il nostro Neddo conosce Dirk Verbeuren, in occasione del 70,000 tons of Metal dove il batterista ex-Soilwork e attualmente in forza ai Megadeth, dimostra il proprio interesse per quello che ormai aveva assunto le sembianze di un progetto relegato al passato. Nel giro di poco, Neddo ha inviato le tracce sulle quali aveva lavorato in solitaria, avvalendosi di una sterile drum machine e da lì si è creata un’intesa che nel 2019 ha dato vita all’EP D.G.A.F. e sul finire di questo 2020 al gran ritorno sulla lunga distanza, con il nuovo e quarto sforzo discografico intitolato Edder & Bile, entrambi prodotti sotto l’egida della Nuclear Blast, etichetta che sa il fatto suo quando c’è da fiutare qualcosa che è meglio non lasciare alla concorrenza.

Il risveglio della bestia è brutale e non conosce mezze misure, come dimostra l’opener Morgue Ritual, autentico cavallo di battaglia di un disco compatto e coinciso, di quelli che apprezzi per una spontanea sincerità che sembra appartenere a tempi e luoghi in cui tutto quel che conta è mettere in musica uno stato d’animo tanto cinico quanto ferocemente dedito all’annichilimento offerto dalla precisione e versatilità batteristica di Verbeuren, sempre più turnista di lusso del panorama metallico contemporaneo. Se l’opener riesce a convivere con un pizzico di sapore old school, la successiva Circle Of Morbidity si apre al primo cameo del disco, ospitando Jeff Becerra (Possessed) in una sfuriata legittimata dall’elevato tasso di bpm che ben contrastano le strofe più cadenzate e quasi marziali. A ruota è il turno di Feed The Pigs – che vede il supporto di Kam Lee (Massacre) ed evidenzia il valore aggiunto che può offrire un album che fonde gli stilemi più tradizionali del death metal con dissonanze e frenetiche ritmiche più care al metallo di stampo scandinavo.

“Feed the f***ing pigs”

Nessun giro di parole, pochi fronzoli, brani che nonostante la ridotta durata e chiusure alle volte fin troppo drastiche, riescono nell’intento di tenere alta l’attenzione dall’inizio alla fine, aspetto che non va dato affatto per scontato e che dimostra che spesso la abilità vanno celate per il bene comune, anziché esposte in primo piano, spiazzando un ascoltatore alla ricerca di una valvola di sfogo e non di un viaggio introspettivo. Seguono alla lettera questo mantra episodi come Deathmachine e l’ispiratissima Reborn.

Edder & Bile scorre liscio come l’olio, si fa apprezzare soprattutto per una spontaneità d’altri tempi, per i cambi di mood della misteriosa The Pestilence, o per l’efficacia della stessa title-track, a riprova che i Cadaver siano una realtà caldamente consigliata anche a chi solitamente ripone le proprie attenzioni in territorio black metal. Neddo è tornato e se l’attesa è stata tormentata ed ha quasi fatto svanire ogni speranza, il risultato che abbiamo in mano oggi conferma che alle volte è meglio avere pazienza e poter gioire per qualcosa di glorioso, che trovarsi con un catalogo più farcito, ma meno succulento.

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