Recensione: Edge Of The Earth
Sembrerebbe che, dopo il successo di “Conclusion Of An Age” (2008), i britannici Sylosis e la teutonica Nuclear Blast Records abbiano deciso, ciascuno per quanto di competenza, di fare sul serio. “Conclusion Of An Age” aveva innanzitutto immerso il combo del Regno Unito nel limbo in cui fluttuano gli act perennemente sospesi fra il thrash e il death, determinando in ciò – anche e solo di… default – una buona dose di curiosità da parte degli appassionati. E, quindi, d’interesse.
Interesse che, per l’appunto, non mancherà anche per “Edge Of The Earth”, secondo full-length dei Nostri; talmente bilanciato fra i suddetti generi da poter essere considerato una sorta di ‘ermafrodito stilistico’.
Oltre a questa scelta coraggiosa che mostra la buona dose di personalità posseduta da Josh Middleton e compagni e che, soprattutto, svela l’ambizione di voler far convergere a sé sia i thrasher sia i deathster, c’è l’aspirazione di aiutare questa collimazione con un lungo e articolato album della lunghezza complessiva di oltre un’ora e dieci minuti.
Infine, la produzione, il missaggio e la masterizzazione assegnati a Scott Atkins (Cradle Of Filth, Behemoth, Ignominious Incarceration) presso i Grindstone Studio di Ipswich rappresentano, assieme, il terzo indizio provante che l’etichetta discografica ha prima creduto e poi investito sui quattro della Cemetery Junction.
E, infatti, come da tradizione (gli inglesi non scherzano mai, sulla più spirituale delle arti) e come da premesse (lasciando stare per un attimo le dissertazioni sui generi) i Sylosis tirano fuori dal cilindro un luccicante piattino dalle dimensioni artistiche sterminate, denso all’inverosimile di materia musicale; sì da escludere che lo si possa incominciare a digerire dopo pochi ascolti. I quattordici brani di “Edge Of The Earth”, se affrontati con nonchalance, affogano tutto e tutti come un tempestoso mare di note ed accordi. Occorrono calma e tempo, poiché Middleton è riuscito a metter giù sulla carta con geniale efficacia la miriade d’idee che gli devono essere ronzate per la mente durante la delicata fase compositiva. L’iniziale sensazione di vertigine o addirittura di caos poco alla volta si modifica in un’irresistibile voglia di tuffarsi ripetutamente nel turbinìo alimentato dalle canzoni del platter. Difficile, anche, trovare dei rimandi ad altri ensemble così da aiutare a comprendere il ‘Sylosis-sound’. A mio parere, è il ‘sentore british’ che – più di altri paragoni fuori luogo – può fornire la giusta chiave d’accesso all’opera. Il ‘sentore british’ è un indefinibile profumo che risveglia, nel sottoscritto ma spero anche in voi, antichi miti della N.W.O.B.H.M. (Angel Witch), leggende del british thrash metal (Sabbat) e anche moderni campioni della scena tipo Paradise Lost (un po’ di gothic non manca mai, nella Terra d’Albione…) e Annotations Of An Autopsy (per quanto concerne il death). Con che, ribadisco, non è che in tali insiemi si debbano trovare delle somiglianze alla truppa dello Berkshire. In essi, invece, si dovrebbe semplicemente fiutare lo stesso aroma che filtra dalle tracce di “Edge Of The Earth”. Il ‘sentore british’, appunto.
Altra difficoltà, oltre a quelle appena menzionate, consiste nel descrivere ciascun componimento del disco. Ogni capitolo descrive un Universo a sé stante, creato dalla visionaria mente di Middleton in tutta la sua storia evolutiva dal Big Bang iniziale sino al collasso finale. Ogni Universo è quindi legato a quello precedente e a quello successivo per dar luogo alla necessaria coesione dello stile onde evitare il pericolo maggiore di questo tipo di opere: la dispersione delle forze. Ben consapevole di questo specifico obiettivo da tenere costantemente sott’occhio, il quartetto di Reading non s’è certo perso d’animo riuscendo anche in questa difficile impresa: “Edge Of The Earth” è un lavoro dannatamente compatto, saldamente sistemato e incanalato sui binari che tracciano con precisione l’unica ‘strada del sound’ percorribile da ciascuna entità sonora. Sintetizzando al massimo: quattordici mattoncini eterogenei (le canzoni) hanno eretto un muro omogeneo (il CD).
Del resto, è sufficiente concentrarsi sull’incipit di “Procession” per comprendere quale sia stata la cura nella stesura delle armonizzazioni, ben lungi dall’essere reiterate se non in occasione dei ritornelli o degli incisi che, bene o male, rimangono dei punti fermi nella struttura di ciascun brano; ritornelli ove non manca la melodia, a volte appena accennata, a volte più marcata come nella stessa “Procession”. Il growling possente e stentoreo di madre death che fuoriesce dalla gola di Middleton accompagna molto bene le sfuriate thrash come avviene nelle successive “Sands Of Time” ed “Empyreal”, segnate sia da un riffing da ‘modello del palm-muting’ (“A Serpents Tongue”), sia da finissime melodiosità di fondo. “Empyreal” fa vedere che, quando occorre, i Sylosis sanno mostrare i muscoli come documentato dal durissimo break centrale; così come la lenta e pesante “Kingdom Of Solitude”, nobilitata anche lei da una melodia davvero coinvolgente. Molto buona l’idea di spezzare l’album con la strumentale “Where The Sky Ends”, sì da far rifiatare un po’ l’anima prima dell’aggressione di “Dystopia”, sostenuta da un incredibile riff portante. Appare quasi scontato rilevare la bontà dei soli di chitarra (“Apparitions”, comprendente anche ottime parti in clean vocals), che impreziosiscono ulteriormente le musiche. E a proposito di sei corde, la qualità degli arzigogoli ritmici da esse ricamati raggiunge l’apice del tecnicismo in “Altered States Of Consciousness”, pezzo che nella parte centrale richiama (anche) il doom più lento e profondo.
La complessità delle partiture suonate da Middleton e da Bailey è un elemento che emerge costantemente, in “Edge Of The Earth”. Questo, però, non distrae l’attenzione da quello che è la peculiarità di un full-length: la canzone. Come dimostra facilmente, fra le altre, “Beyond The Resurrected”. Una song completa e perfettamente intelligibile nonostante la sua poliedricità. “Eclipsed” è il momento per Parnell e Callard di confermare la loro presenza nella band come protagonisti e non come comprimari. Del resto, la coppia Middleton/ Bailey doveva trovare il giusto bilanciamento con una sezione ritmica di prim’ordine per creare un gruppo affiatato ed organico. La bellissima, movimentata e sofferta suite “From The Edge Of The Earth” chiude, infine, un lavoro eccellente in modo parimenti eccellente.
“Edge Of The Earth” è un’opera che mette a dura prova la pazienza di chi s’imbarca nell’avventura di ascoltarlo. Solo dopo vari passaggi, infatti, il compact disc riesce ad aprirsi una strada per entrare nella mente. Una volta fatto ciò, però, attiverà la visione di un paesaggio sterminato. Un paesaggio in cui sarà sempre meraviglioso vagare per poi perdersi, volendo. I Sylosis, con ciò, dimostrano inequivocabilmente che qualsiasi genere – se all’origine c’è un fresco talento che anima i musicisti – può evolversi in modo inaspettato e indefinito.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Procession 6:45
2. Sands Of Time 5:07
3. Empyreal 4:51
4. Empyreal (Part 2) 1:06
5. A Serpents Tongue 5:23
6. Awakening 3:58
7. Kingdom Of Solitude 5:37
8. Where The Sky Ends 3:56
9. Dystopia 5:43
10. Apparitions 7:15
11. Altered States Of Consciousness 5:31
12. Beyond The Resurrected 5:09
13. Eclipsed 4:45
14. From The Edge Of The Earth 7:37
All tracks 72 min. ca.
Line-up:
Josh Middleton – Vocals, Guitars, Acoustic Guitar, Keyboards, Piano, Ambience
Alex Bailey – Guitars
Carl Parnell – Bass
Rob Callard – Drums