Recensione: Effigy Of The Forgotten
Non c’è che dire: il periodo che va dalla fine degli anni ’80 fino alla seconda metà degli anni ’90, è stato particolarmente prolifico per la scena estrema, in particolare per il Death. Band quali Cannibal Corpse, Morbid Angel, Deicide, Carcass, Malevolent Creation e molte
altre cominciavano a pubblicare i loro capolavori; capolavori che hanno segnato indelebilmente la storia del Metal. In mezzo a questo ampissimo paesaggio, si staglia all’orizzonte la
figura di cinque ragazzi newyorkesi, che non sono da meno rispetto alle succitate band; ragazzi che, come tanti, si apprestano ad intraprendere la loro strada: i
Suffocation, appunto.
Questa strada comincia nel 1990 quando, dopo il primo demo (Reincremated, 1990) e un’ EP (Human Waste, 1991) i Nostri partoriscono la loro prima, grezzissima, opera: Effigy of the Forgotten. C’è un legame tra questi ultimi due. Infatti, quattro dei sei pezzi dell’ EP sono stati inseriti in
Effigy; pezzi quali Infecting The Crypt, Mass
Obliteration, Jesus Wept e Human Waste. Ma a differenziare il tutto, la produzione. Decisamente più grezza e sporca nell’ EP, che nell’ album non cambia poi molto: di poco superiore. I suoni non sono molto definiti, un po’ confusi, ma ciò non penalizza in maniera critica l’ ascolto dell’album. D’ altronde il disco è frutto del suo tempo; la registrazione pure.
L’ opener, Liege of Inveracity, mette in mostra da subito le capacità del
combo: la sezione ritmica è li, pronta a tagliare le gambe a chiunque cerchi di resistere: i primi stacchi dell’ album,
da parte del drummer Mike Smith sono precisissimi e non risparmiano nessuno, seguiti da variazioni, quanto basta per rendere il pezzo tutt’ altro che monotono e scontato; grazie all’alternarsi di mid tempos e blast beat, la cornice sonora dipinta da Mike risulta
molto variopinta ed interessante. Se poi si considera il growl massiccio e profondo di
Frank Mullen, siamo decisamente ad alti livelli. La sezione solista non si fa attendere molto, con un
Terrance Hobbs che dimostra subito le sue grandi doti tecniche.
La pausa è brevissima. Si passa alla title track, una delle tracce più valide dell’ album: sfuriate che si alternano a tempi cadenzati, in un mix che non lascia proprio il tempo di respirare.
La complessità delle tele chitarristiche, tese dalla coppia Hobbs/Cerrito si aprono definitivamente, con Infecting The Crypts: furia incantatrice che prosegue sino alla comparsa, più improvvisa che inaspettata, di un calmo giro di basso in assenza degli altri strumenti, che dà una sensazione di quiete… prima della fine del pezzo, ove riprende ad ergersi il fitto muro sonoro dei Nostri.
Con Seeds of the Suffering, altro pezzo mirabile, l’ album procede senza
sconti. Già dall’inizio si apprezza il growl cavernicolo di Frank, ma più si va avanti e più si fa tanto di cappello a quest’instancabile incantatore.
Ormai i suoni marci e malati del combo, con Habitual Infamy, hanno “infettato” le orecchie, che quasi vogliono continuare a farsi martellare da questa instancabile macchina da
guerra, che maciulla corpi sino ad arrivare al pezzo più breve dell’ album, Reincremation: breve, ma non per questo privo del marchio di fabbrica
Suffocation… Forse questo è proprio il concentrato più puro del potenziale distruttivo della band insito in questo
lavoro.
Con Mass Obliteration, Involuntary Slaughter e Jesus Wept si conclude degnamente questo capitolo di Storia.
Vi ricordo che siamo davanti al primo, vero capolavoro dei Suffocation! Tutto comincia da qui; il resto… viene dopo.