Recensione: Ekbom
La sindrome di Ekbom, o delirio di infestazione, o delirio dermatozoico, è una malattia poco conosciuta, caratterizzata dalla convinzione delirante di essere infestati da parassiti.*
Basandosi su questa rara malattia, i Benighted elaborano le tematiche che formano l’ossatura lirica del loro nuovo nonché decimo full-length in carriera, “Ekbom”, appunto. Il quale mostra ciò che i francesi sono diventati negli anni. E cioè una spaventosa miscela di brutal death metal e grindcore.
A dire di chi scrive, prepondera uno dei generi suddetti, in particolare il primo. Elaborato tuttavia in un modo tutto suo, fortemente indicativo, pertanto, di uno stile unico, personale, adatto a essere individuato se non subito, quasi. Il mondo del brutal, difatti, è retaggio di una miriade di band che approcciano al (sotto)genere in modo pressoché uguale a dei cliché ben definiti, fra i quali spicca la monotonia del cantato ma soprattutto l’esternazione dei plattern di batteria mediante un suono che somiglia a quello ottenibile dai famigerati fustini di detersivo.
Qui no. Assolutamente. Per prima cosa, Julien Truchan – aiutato nello sforzo dal bassista Pierre Arnoux – , tratteggia delle linee vocali multiformi, che passano simultaneamente da una metodologia all’altra; mischiando continuamente growling e harsh vocals con un pizzico di inhale qua e là. Ottenendo il risultato, a priori mai certo, di non rendere assolutamente mai noiosa la parte dedicata alle ugole.
Seconda osservazione: Kévin Paradis interpreta il proprio strumento, la batteria, ipotizzando a monte la produzione di quanta più energia possibile, massacrando le pelli durante i violentissimi e potentissimi blast-beats; non modificando la propria filosofia musicale neppure quando cala il ritmo, spingendo cioè al massimo delle possibilità umane.
C’è da considerare, poi, il micidiale riffing concepito e messo a giorno dal chitarrista Emmanuel Dalle che, concentrandosi sulla serva di accordi e ricami solistici che riempiono sino a scoppiare l’LP, conduce a osservare come sia possibile che un solo uomo riesca a sobbarcarsi la fatica di erigere un titanico muro di suono contro cui si schiantano i neuroni, accelerati dagli allucinanti numeri di BPM.
La sezione ritmica è completata dal già menzionato Arnoux, il cui basso romba come un’immane tempesta oceanica per inspessire il sound che, grazie a quest’ultimo apporto, assume i caratteri dell’assoluto sfacelo. Anche grazie a qualche stop’n’go dalla pesantezza insostenibile.
Sfacelo perfettamente intelligibile grazie all’enorme livello tecnico/artistico raggiunto dal combo transalpino nel corso degli anni. Perché, da non dimenticarsi mai, il brutal death metal ideale, quello buono, per intendersi, esige una perizia strumentale di altissimo livello, per essere in grado di esprimere un’aggressività sonora senza precedenti.
Assai vario e articolato il songwriting, grazie al quale le canzoni sono entità ben riconoscibili le une dalle altre purtuttavia caleidoscopiche nella loro anima a seconda di quanto il brutal death metal conceda al grindcore. Alcuni inserimenti ambient, inoltre, aiutano a entrare del disco, aiutandolo con i possenti moti dell’atmosfera nella sua rincorsa alla totale annichilazione.
Annichilazione. È qui che si gioca il tutto. Il quartetto di Saint-Étienne, seppure impegnato a servire una pietanza varia e prelibata, riesce a spingere sino a entrare nel quadrante dello spazio-tempo ove si scatenano le lisergiche visioni distorte dalla trance da hyper-speed. Il che è il primo passo verso l’annichilazione della materia cerebrale e dell’apparato uditivo.
“Ekbom” è un’opera dalla violenza sonora inusitata che, però, grazie alla pulizia e perfezione sia dell’esecuzione strumentale, sia della produzione, che facilitano l’ascolto, può essere il primo passo per comprendere quando un gruppo come i Benighted, grazie al talento dei suoi membri, alla loro passione e alla loro perizia, osi spingersi oltre la sfera del suono.
Daniele “dani66” D’Adamo
*[Google]